Discussione: Enigmi a Camelot
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Vecchio 17-07-2013, 15.33.39   #1499
Guisgard
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L'opera “Soria dei Capomazdesi” è una compilazione a carattere storico, redatta dal vescovo Petrulliano verso la metà del Medioevo.
Formata da tredici libri, l'opera va dall'avvento dei longobardi nella regione della futura Capomazda, al loro scontro con i nuovi invasori Normanni, fino a giungere al vassallaggio dei Taddei come signori di quei territori in seguito alla lealtà dimostrata verso il re.
L'ultimo libro termina con Taddeo il Vecchio che divide il ducato fra i suoi tre figli, lasciando al Giudizio Divino il compito di scegliere chi fra loro fosse il predestinato.
L'opera si chiude con un passo profetico, in cui si preannuncia il ducato di Antio, secondo figlio di Taddeo, l'unico dagli occhi azzurri come suo padre.
Antio sarà poi padre di Ardeliano.
La Storia dei Capomazdesi si innesta in quel floridissimo filone delle storie barbariche che all'inizio del Medioevo genererà opere di indubbio valore storico e sociale.
Petrulliano adopera per i primi dieci libri tutta una serie di fonti di carattere orale o riportate da antiche cronache ecclesiastiche, che però non riescono per ovvi motivi ad abbracciare l'intera epopea delle invasioni longobarda prima e normanna poi.
Ne scaturisce così una narrazione incerta, con situazioni e fatti che si innestano senza una chiara successione storica, con peridi morti e accadimenti messi quasi a riempire vuoti altrimenti ingiustificabili tra i vari capitoli.
Molto diversa è la situazione che riguarda gli ultimi tre libri, per i quali il vescovo è in possesso di fonti certamente più recenti e di sicura affidabilità, come gli Archivi Ducali, le celebri Croniche Nolhiane e il Catalogo dei Vescovi.
Anche perchè questi libri finali descrivono il periodo storico che lo stesso Petrulliano vive da protagonista, con le sue dispute con l'Arciduca Taddeo il Vecchio, riguardanti la processione di San Biagio che il duca pretendeva di veder giungere fino al suo palazzo, mentre invece il vescovo negava in quanto il culto del Santo apparteneva alla città di Cesanoliux, confinante con Capomazda.
L'opera, nonostante il problema delle fonti riguardanti i primi dieci libri, si presenta come scritto complesso, di notevole valore lirico, quasi a concorrere con il carattere romantico delle opere appartenenti al genere della storiografia romanzata.
Soprattutto è proprio la parte iniziale a suscitare la meraviglia e l'entusiasmo dei contemporanei, visto il tono epico ed evocativo con cui vengono descritte le figure dei protagonisti.
Si tratta di un mondo ancora barbaro e selvaggio, con il dominio della violenza fisica più immediata, dove i costumi sono rozzi e a prendere il sopravvento sono gli istinti e gli impulsi di uomini abituati a vivere senza leggi.
Vi dominano, dopo la caduta della civiltà tardoantica, costumi tornati spaventosamente selvatici e rozzi.
Eppure in questo scenario violento e barbarico, emergono più che mai luminose le immagini di uomini dal grande coraggio e dallo spirito indomito.
E si può di certo vedere quello che sarà il mondo da cui nascerà la civiltà medievale Capomazdese, dove al sostrato classico (cultura, istituzioni e amministrazione) si lega l'elemento germanico degli invasori longobardi prima e normanni poi (organizzazione aristocratica e militare), amalgamati poi dal Cristianesimo.
Uno dei passi più celebri è quello in cui Petrulliano e i suoi diaconi sottopongono al duca Taddeo la risoluzione di un arcano che così recita:

“Disceso dal cielo naturalmente,
come manna benigna sicuramente.
Stravolse dal cor al volto della terra,
anche quando tutto tacque in guerra.”


Naturalmente il Taddeide risolve l'enigma e termina la disputa sulla processione di San Biagio.

E voi dame e cavalieri di Camelot riuscite a risolvere questo arcano?

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