“Sai...” disse Guisgard a Talia “... una volta qualcuno ha scritto che per compiere qualcosa di grande o anche solo per essere davvero felici bisogna essere pazzi, folli e sfidare tutto e tutti...” sorrise “... e forse in questa follia riuscirò davvero a trovare qualcosa di grande... magari lo troveremo insieme, se Dio vorrà...” le accarezzò delicatamente una ciocca di capelli che scendeva lungo il suo bel viso “... e poi, ti rammento, che sono in debito con te di una dichiarazione come si deve... di quelle che si leggono nei grandi romanzi d'amore e che si vedono in quei vecchi film di una volta...” e quel suo sorriso un po' guascone si tinse della luce che in quel momento attraversò i suoi occhi chiari.
Carlo allora fece condurre Guisgard in una stanza, affidandolo ai suoi servitori affinché lo abbigliassero per l'ingresso in città.
La stessa cosa il signore di Monsperon ordinò poi di fare alle sue servitrici per Talia.
Dopo circa un'ora, entrambi ritornarono nella sala, mostrandosi pronti.
Guisgard indossava un vestito a metà fra un'uniforme militare e un abito da cerimonia.
La giubba era verde scuro, con ricami in bianco e nero, i colori del reame di Chanty, con fodere di ciniglia vermiglie e una larga cintura di cuoio ungherese.
I pantaloni erano stretti, di raso nero e terminavano in alti stivali di un castano pallido.
Talia invece appariva bella come una figura di un quadro del Botticelli.
Una di quelle bellezze rinascimentali ed eteree, eppure animata da una grazia viva e reale, dai colori luminosi e solari.
Avanzava col passo sciolto e deciso delle dame Fiorentine e Senesi, dalle figure delicate e affusolate, pallide e leggere.
L'abito era bianco e nero, con la gonna che cadeva ampliandosi, dai risvolti foderati che si aprivano con fiocchi di seta greca che scendevano come leggiadri pendagli di giada, di opale, di granato.
Una mantellina di un giallo morbido copriva le sue spalle perfette, stretta sul davanti da una spilla d'oro bianco, raffigurante un giglio rosso.
“Sei...” guardandola Guisgard “... sei... sei bellissima... come una principessa...”
“Andiamo ora, mie signori...” disse Carlo.
“Un momento...” fissandolo Guisgard “... andare già? Io non so come comportarmi... cosa dire a chi mi farà domande... insomma, sarò smascherato anche dai valletti e dai servi!”
“Voi siete il principe Ardena...” fece Carlo “... e voi...” guardando Talia “... lady Melicha...” si voltò ancora verso Guisgard “... con voi ci sarò sempre io in pubblico, o, in mia assenza, il barone di Sanion...” indicando l'uomo che era accanto a lui “... per il resto assumerete un'aria compiacente, vagamente disponibile. Studiate con attenzione chi vi circonda e badate di non tradirvi mai, avventurandovi in discussioni complicate. A domande difficili risponderete con lo sguardo o qualche parola vaga e diplomatica. Non concedete a tutti la vostra attenzione e non mostratevi troppo comprensivo.”
“Perchè?”
“Perchè il principe Ardena è una personalità particolare.” Rispose Carlo. “Ama lo scherzo, l'irriverenza. Eppure talvolta si chiude in un'enigmatica inquietudine, in un'impenetrabile indifferenza, che invece cela solo irrequietezza.”
“Tormentato il vostro principe, eh.” Fece Guisgard.
“E non parlate mai troppo bene di Chanty.” Intervenne il barone di Sanion.”
“Si, è vero.” Annuì Carlo.
“E perchè mai?” Stupito Guisgard.
“Perchè Sua Maestà non ama molto queste terre.”
Guisgard restò sorpreso.
“Eppure sono meravigliose...” mormorò.
“Ora credo sia il momento di andare.” Prendendo il suo cappello Carlo. “Il popolo vi attende...”
E lasciarono il castello, diretti verso Fisyem.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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