Capitolo IV: Gli amori di Robert de' Taddei
“Quando giunsero nel viale, videro Mrs, Bolton, pallida e ansante, venire agitata verso di loro.
<<Oh, signora, ci chiedevamo se le fosse accaduto qualcosa!>>
<<No, non mi è accaduto nulla!>>
Mrs. Bolton guardò in viso il guardiacaccia, così liscio e fresco d'amore. Incontrò i suoi occhi un po' ridenti, un po' beffardi. Rideva sempre di fronte alle disavventure. Ma la guardava con gentilezza.
<<Buonasera, Mrs. Bolton! Vostra signoria ha compagnia, ora, quindi posso lasciarla. Buona notte, Vostra Signoria! Buona notte, Mrs. Bolton!>>
Fece il saluto e si allontanò.”
(David Herbert Lawrence, L'amante di Lady Chatterley)
Chi, come chi scrive, ha percorso nei tardi pomeriggi estivi le strade fatte di ciottoli del paese del grande novelliere avrà avuto la fortuna di notare, a metà tra le mura esterne del borgo alto e il palazzo del Pretorio, una vivace locanda la cui insegna di legno cigola al minimo colpo di porta.
Dalle antiche murature, essa è collocata dove il borgo si racchiude quasi su stesso e appare, come è uso dire nel volgare italiano, simile ad un'antica cantina, il cui proprietario straniero, giunto tempo fa tra questi colli, ha poi mutato in brioso luogo di ristoro.
Ma al tempo di cui si narra, la locanda non vedeva ancora le case che oggi affiancano i suoi muri, quasi simili a leggeri bastioni, e sorgeva invece un po' fuori mano, giovandosi, in caso di inattesi viaggiatori, del suo ruolo in quel punto un po' isolato e secondario.
Tutt'intorno si vedono a perdita d'occhio tenere e dolci colline, ricche di fascino e leggende.
Come quella che vuole, disperso proprio fra questi poggi fiabeschi, un tumulo di età etrusca, nel quale, secondo quanto si racconta, vi fu sepolta una principessa.
E qui giunsero Guisgard e Talia.
La locanda all'interno era spaziosa, con diversi tavoli e qualche dipinto ad animare le pareti.
Ma perlopiù dai muri pendevano oggetti tipici del luogo, dal gusto antico e rustico.
Un cinghiale impagliato faceva bella mostra di sé su una robusta mensola inchiodata alla muratura e ovunque si vedevano bottiglie di vino, di ogni forma e dimensione, messe perlopiù per suscitare la sete dei clienti.
Le strette finestre erano incastrate profondamente nei muri, con gli angoli protetti da grosse pietre sporgenti.
Il grande camino dominava l'ambiente sul suo lato corto, di fronte all'ingresso, mostrando segni di arrosto, di lesso e cottura sulle pietre che lo componevano, mentre tutt'intorno erano appesi pentole di rame, di stagno e di creta alle pareti.
Sul lato lungo vi era una grande credenza di quercia, nella quale erano sistemati oggetti vari, come brocche, crateri, scodelle, piatti, bicchieri che troneggiavano l'uno sopra l'altro.
“Sembra non ci sia nessuno...” disse Guisgard.
Ma proprio in quel momento apparve un uomo.
Aveva tratti latini, barba scura e capelli ricci.
Indossava un lungo camice di cuoio.
“Salve...” fece Guisgard “... siamo stati sorpresi dal temporale... è possibile avere da mangiare e dormire qui?”
“Si...” annuì l'uomo con il suo accento catalano e scrutandoli con attenzione “... ma dovrete accontentarvi di ciò che è rimasto, visto che è molto tardi.”
“Andrà benissimo qualsiasi cosa.” Annuì Guisgard.
“Di stanza” fece il locandiere “ne abbiamo una sola libera... è al piano di sopra. Venite, vi accompagnerò.”
I due lo seguirono e lui mostrò loro la stanza.
“E' possibile avere qualcosa da mangiare in camera?” Domandò Guisgard. “Abbiamo preso un bel po' d'acqua e credo che la mia ragazza vorrà lavarsi e mettersi subito a letto.” Indicando Talia.
“Vi porterò della minestra e del pane ancora caldo.” Ed uscì.
“Minestra e pane caldo...” ripetè Guisgard guardando la stanza “... non c'è che dire, cibi semplici e genuini... dal sapore d'altri tempi... come questa stanza... e mi chiedo dove sia il bagno... forse in comune con le altre stanze, magari in fondo al corridoio... tu cambiati e metti qualcosa di asciutto... io intanto vado a vedere dove si trova il bagno..." ed uscì.
Talia allora passò davanti allo specchio e per un attimo ebbe una visione inquietante.
Vide se stessa riflessa con abiti diversi, in un ambiente sconosciuto.