Capitolo VII: Il Castello di Limas
“Prospero:<<Calmati, e non temere più; dì al tuo cuore pietoso che non è accaduta nessuna sventura.>>”
(William Shakespeare, La tempesta)
La carrozza procedeva a passo spedito nella strada che tagliava in due la selva.
Il chiarore del giorno aveva fatto il suo ingresso e le ombre della notte si erano, poco a poco, ritirate.
Sant'Agata di Gothia ormai non si vedeva più alle loro spalle, ma il vecchio mondo non era ancora del tutto scomparso.
Più si faceva chiaro e più apparivano distinte le nuove forme di quella regione.
Era la soglia di quel territorio, dove la Sanningia cedeva il passo alla Cesaringia, sebbene la carrozza non oltrepassò totalmente quel valico.
Giunse infine ai piedi di un piccolo borgo, disperso sul pendio di un appuntito colle, segnato da baratri aspri e profondi, ricoperti da folto fogliame.
Quella zona era però fertile e gradevole, sebbene il cielo attraversato da alte nubi la rendesse enigmatica e mutevole.
Visto dal basso, quel colle sembrava prolungarsi verso il Cielo, assumendo un aspetto quasi ultraterreno, non somigliando più ne' alla terra che lo generava, né al Cielo che lo accoglieva.
E la cima, alla fine, quasi perdendosi tra le nubi più basse, mutava in un mastio dalle forme e dalle fattezze monumentali.
Ma quelle forme, tinte dal chiarore delle nuvole avvolgenti e screziate dai riflessi scintillanti del fiume che scorreva sotto le pendici, di colpo si addolcivano, perdendo ogni richiamo a fattezze note, per divenire altro.
Un luogo fuori dal mondo, silenzioso e surreale, racchiuso dalla lussureggiante vegetazione che, quasi sorta all'improvviso, ricopriva il colle fino alle sponde del fiume.
“Eccoci arrivati...” disse Guisgard arrestando la carrozza “... quello è il castello di Limas... li troveremo rifugio...” dopo essere saltato giù ed aver aperto la porta della vettura.
“Ma dove ci ha portate?” Turbata Marijeta. “Altezza...” fissando poi Talia “... cosa faremo se sua signoria vorrà trovarci?”
“Qui nessuno vi troverà.” Rispose il cavaliere.