Mi voltai di scatto nell'udire quelle grida.
Sgranai gli occhi: non potevo credere a ciò che stava accadendo.
Non che mi sembrasse strano vedere i soldati disperdere la folla, ma riconobbi subito quella voce.
Era la sua, la voce di Mamyon.
Lo cercai con lo sguardo e non fu difficile individuarlo: guidava l'attacco.
Una fitta attraversò il mio cuore.
Un'altra volta.
No, non poteva essere lui a trattare così quella gente, come potevo essere stata così cieca?
Mi accorsi, d'un tratto, che mi aveva visto.
Lo osservai per lunghi istanti con uno sguardo duro e freddo.
Una parte di me, la più debole e fragile, avrebbe voluto correre da lui, parlargli, specchiersi nei suoi occhi.
Stinsi i denti e indurii ancor di più lo sguardo.
Non potevo permettere a quella parte di vincere, non me lo sarei mai perdonato.
Scacciai i ricordi dei poni giorni passati insieme e mi concentrai sulle sue ultime parole.
Che razza di uomo propone una scelta tanto assurda?
Mi ero aperta con lui, mi ero fidata ingenuamente, non avrei commesso lo stesso errore una seconda volta.
Restai a fissarlo con quello sguardo che non gli avevo mai rivolto per un tempo che mi sembrò infinito.
Nonostante lo sguardo freddo colmo di rabbia, era come se non riuscissi a staccare gli occhi da quelli del cavaliere.
Non mi mossi di un centimetro verso di lui, non versai una lacrima per quanto il mio cuore fosse lacerato e diviso.
Lentamente, mi voltai, trassi un profondo respiro che mi aiutasse a ripartire.
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