La leggendaria maledizione conosciuta come Gioia dei Taddei è stata raccontata da bardi, aedi, poeti e romanzieri.
E molto pittori e scultori hanno scelto questa inquietante tradizione come soggetto delle loro opere.
Ma al di là del mondo favoloso e romanzato dei lavori artistici, si può comprendere forse il senso di questa remota maledizione attraverso opere che di fiabesco hanno ben poco.
Nel grande e lussuoso albergo “Arciduca di Capomazda”, nella celebre Sala dei Duchi, sono raccolti dei ritratti raffiguranti proprio alcuni degli Arciduchi più importanti.
E in essi, osservando quelli da Ardeliano in poi, ossia il primo Arciduca su cui fu imposta la terribile maledizione, è possibile leggere qualcosa.
Qualcosa di inquietante, enigmatico, impenetrabile.
Una sorta di angoscia, di cupa inquietudine, una velata oppressione.
Un'ansia, un tormento che affligge gli sguardi e le espressioni di quei nobili signori di Capomazda.
Gli storici dell'arte hanno definito questi ritratti come afflitti dall'angoscia di vivere in tempi tragici.
Qualcosa infatti turba gli sguardi, i tratti e i volti di quegli uomini.
Uomini abituati a combattere contro ogni nemico, tener testa ad ogni difficoltà, essere guida di un intero popolo e sostegno della Cristianità, ma che sembrano turbarsi di fronte ad un qualcosa di inafferrabile, di oscuro, di impalpabile.
I loro sguardi sono lontani e fissano un punto indefinito dell'orizzonte, posto al di là dello schermo visivo e dello scenario in cui si trovano.
I loro tratti sembrano voler rifuggire a richiami troppo marcati e troppo realistici, per rappresentare invece un malessere psicologico, spirituale, che muta in lineamenti quasi eterei, simbolici.
Come se si volesse descrivere e raffigurare l'anima di quegli uomini.
Un'anima che prende forma al di sotto della fisionomia e delle fattezze, liberandosi proprio da quegli sguardi carichi d'inquietudine, ansia ed angoscia.
Sguardi che abbandonano la fierezza, l'orgoglio e la dignità nobiliare, mutando quegli uomini, ritenuti prediletti dal Cielo, difensori della Fede, vassalli della Chiesa, in uomini in balia delle loro debolezze, delle loro miserie.
Cos'è davvero allora la Gioia dei Taddei?
Forse la risposta più vera è celata proprio negli sguardi e nei tratti di questi dipinti.
E sicuramente quella risposta era stata trovata dallo sconosciuto autore di questi ritratti.
Forse un artista di palazzo, o forse qualche pittore straniero incaricato di curare la propaganda del ducato.
Chiunque sia stato, è riuscito a raccogliere e racchiudere l'angoscia e l'inquietudine di quegli uomini straordinari, padroni del loro tempo, ma in balia di qualcosa di oscuro.
E questo straordinario artista ha lasciato come firma non il suo nome, ma un enigma che ancora oggi compare accanto a quei ritratti.
Un enigma che così recita:
“Può essere fissa.
Si vede in alcuni stemmi.
Si può trovare in un'arma.
Può avere significato religioso.
Può indicare obbedienza o gratitudine.”
E voi, dame e cavalieri di Camelot, riuscite a risolvere l'arcano della Sala dei Duchi?