Altea, grazie a quella misteriosa visione, era riuscita a sapere dove Guisgard si trovasse in quel momento.
Così, insieme a Vivian si diressero alla casa di piacere.
E quando furono dentro, una donna si avvicinò alle due.
“Sono spiacente” disse guardandole con sufficienza “ma noi tuteliamo la riservatezza dei nostri clienti. E molti di loro, quando vengono qui, tendono a dimenticare i propri nomi e quelli degli altri. Magari per chiudere fuori di qui preoccupazioni, pensieri e mogli troppo pressanti.”
Alcune ragazze che erano lì vicino risero maliziose.
“E voi, da quanto vedo, non siete certo clienti di questo posto.” Continuò la donna. “Per questo vi chiedo e vi prego di lasciare questa casa, altrimenti sarò costretta a farvi mettere alla porta in modo spiacevole e sicuramente poco cortese.” Intimò poi ad Altea e a Vivian.
Gli stretti cunicoli serpeggiavano nel ventre di quella collina, con la sola debole luce di qualche lucerna a tracciare un'incerta via nell'oscurità.
In lontananza si udiva un vago mormorio.
Guisgard proseguiva, tenendo la mano accanto all'elsa della sua spada.
Ad un tratto vide un cubicolo illuminato.
Estrasse la spada e s'incammino verso di esso.
Il mormorio nel frattempo era diventato una sorta di litania ripetuta meccanicamente.
Guisgard allora si accostò all'entrata e poi guardò dentro.
Era vuoto e sulla parete opposta era scolpito un occhio nella pietra.
Restò a fissare quel bassorilievo e all'improvviso tutto mutò attorno a lui.
La litania si ripeteva all'infinito.
Poi voci e canti sempre più vicini.
E l'occhio lo fissava incessantemente.
La luce delle lucerne che proiettava lunghe e cupe ombre sulle pareti.
Poi ancora quell'occhio.
Le voci e i canti ormai vicinissimi.
Le ombre che si animavano.
Le lucerne che danzavano.
E l'occhio.
Si stavano avvicinando.
Guisgard poteva sentirli.
Cercò allora la sua spada ma non la trovò.
Si sentiva oppresso e braccato.
Si voltò per sfuggire a quell'occhio.
E la vide.
Talia era lì, davanti a lui, con in mano la sua spada.
Lo fissava con occhi gelidi e la sua espressione era altera, indifferente.
Era vestita con lo stesso abito bianco visto l'altra notte.
Altro accadde in quel sogno, ma il cavaliere si svegliò poco dopo.
Era steso nel letto e accanto a lui riposavano due ragazze.
Le guardò per un po', poi si alzò e si lavò più volte il viso in un cratere di ceramica.
E restò a fissare il suo volto inquieto nello specchio posto lì accanto.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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