Disattivato
Registrazione: 16-09-2012
Residenza: Mediolanvm
Messaggi: 8,176
|
Mi svegliai di soprassalto.
Il respiro affannato, la fronte sudata, il terrore fin dentro le ossa.
Conoscevo bene quella sensazione, era così forte da farmi temere persino di addormentarmi.
Respirai forte portandomi una mano al petto.
Mi buttai nuovamente sul cuscino girandoli varie volte, senza trovare pace.
Quell'incubo, però era diverso da quelli che quotidianamente visitavano i miei sonni. Era reale, ero davvero io, prigioniera del mio corpo e dei miei ricordi. Ma non erano veri ricordi, erano la loro copia distorta e grottesca. Chiusi gli occhi per un momento, ma la paura di riaddormentarmi era troppo forte. Tuttavia ero sfinita e passò molto tempo prima che potessi alzarmi e andare alla finestra. Guardai il panorama, respirai l'aria frizzante della sera, e, per qualche momento riuscii a trovare pace.
Ma gli occhi si chiudevano e le gambe mi imploravano perchè mi sedessi.
Così, mi sdraiai nuovamente sul letto, ripromettendomi di restare sveglia ad attendere Mamyon, sempre che riuscisse a trovare il tempo di passare quella sera e non l'indomani.
Ma il terrore degli ultimi avvenimenti e la stanchezza accumulata, alla fine, ebbero la meglio.
Mi addormentai.
L'aria era tetra e buia intorno a me. Si udiva in lontananza il latrare di un cane.
Eppure, nella grande sala marmorea e scura, non si vedeva anima viva.
Mi guardai attorno: il camino scoppiettava in un angolo del grande salone, ma la sua luce era così flebile che non permetteva di distinguere le fattezze di quel luogo spettrale.
Eppure lo conoscevo, mi sembrava di conoscerlo da sempre.
Mi fermai un istante ad ascoltare: il latrato era scomparso e nella grande sala regnava un silenzio irreale.
Tentai di muovere le mani ma mi resi conto che esse erano incatenate ad una parete mediante catene spesse e pesanti.
Fu solo nell'istante in cui le vidi che percepii il dolore che mi procuravano.
Mi chiedi da quanto tempo fossi lì, cercai di ricordare: non lo sapevo.
Poi, pian piano, sentii la fame e la stanchezza impossessarsi del mio corpo, come se fossero diventate tutto a un tratto reali.
Abbassai lo sguardo verso i le mie caviglie, sapevo che erano anch'esse incatenate, eppure non percepivo ancora il dolore delle piaghe e delle ferite che mi procuravano.
Corrucciai lo sguardo.
Mi resi conto di avere indosso una clamide bianca, eterea e candida, ben diversa dall'abito colorato e sudicio che ricordavo.
Com'era possibile?
Ma proprio in quel momento accadde qualcosa.
Dei passi risuonarono nel salone, dei passi in avvicinamento e il terrore si impossessò di me.
Un cavaliere dall'armatura scura come la notte e il volto celato da un ampio mantello mi si avvicinò rapido e deciso.
In pochi istanti fu a pochi centimetri dal mio viso e i suoi occhi si specchiarono nei miei.
"...Sybil.." disse il cavaliere con occhi colmi di lacrime "..Amor mio che ti hanno fatto? Ti porterò via di qui...".
"..No.. Leonard, non sono lei.. scappa...per l'amor del cielo corri.." credetti di urlare queste parole, credetti, per una volta ancora, di mettere in guardia il cavaliere.
Ma nessun suono uscì dalle mie labbra.
"..E' tutto finito ora.." continuò Leonard in tono rassicurante, accarezzando con riverenza e venerazione la mia guancia "..sono qui..".
Chiusi gli occhi, ma nemmeno quello bastò.
Sentii il sibilo di una freccia, e poi un'altra e un'altra ancora conficcarsi nel corpo del cavaliere, trapassando l'armatura come fosse burro.
Lo sentii rantolare e sussurrare il nome della sua amata.
Poi, più nulla.
Una mano possente mi afferrò la gola.
"..Non ancora.." ghignò una voce agghiacciante, stingendo forte la presa attorno al mio collo.
"..No!" urlai, svegliandomi di soprassalto.
Chiusi gli occhi, tentando invano di calmarmi respirando piano.
"..Morte, morte... solo morte.." sussurrai "...Era da un po' che non sognavo le frecce..".
C'era un solo modo per calmarmi dopo uno dei miei incubi ricorrenti.
Mi concentrai: tornai con la mente in quella stanza umisa e tetra, dimenticai le catene, dimenticai la morte, cercai di ricordare solo i suoi occhi, lo sguardo d'amore che rivolgeva alla sua Sybil.
E, come ogni notte, sognai ad occhi aperti di poter, un giorno, avere uno sguardo così innamorato tutto per me.
Bene o male quel pensiero mi calmò e riuscii a risposare serenamente per qualche tempo.
|