La servitrice annuì a quelle parole di Altea. “Si, milady...” disse “... appena giungeranno notizie su vostro cugino vi informerò.”
Lei e Vivian furono poi condotte nel piccolo teatro del castello, per assistere allo spettacolo offerto dall'Arconte Meccanico ai suoi ospiti.
Altea e Vivian presero così posto in una piccola saletta, davanti ad un palco racchiuso da una grossa tenda color porpora.
E iniziò lo spettacolo.
Sulla scena apparve un ballerino, col volto dipinto ed una calzamaglia aderente e variegata di più colori.
Un attimo dopo sul palco si mostrò un musico.
Suonava una cetra e cominciò così a recitare:
“Questa è la cupa storia dei nobili Taddei e della terribile maledizione che da secoli li tormenta. Le maledizioni hanno molte origini... possono nascere da una colpa... possono essere imposte da una strega o da un mago... possono essere il tormento di uno spettro o la persecuzione di un demone... ma qualunque sia l'origine di quella maledizione, essa toglie agli aristocratici signori di Capomazda la cosa più bella, ciò che spinge gli uomini a vivere... la Gioia.”
Il ballerino continuava con le sue malinconiche movenze, sempre al suono della cetra.
Quella rappresentazione era infatti una sorta di pantomima.
“E il nome di quella maledizione” continuò il musico “nasce da ciò che essa nega... ed è chiamata così la Gioia dei Taddei...”
Sul palco, allora, alle spalle del musico e del ballerino, cominciarono ad uscire strani personaggi.
Attraversavano la scena ed uscivano dall'altra parte.
Senza dire e fare nulla.
Sembravano figure allegoriche e ciascuno aveva in mano un fiore.
La Purezza un giglio, la Costanza un'orchidea, la Predestinazione una rosa, la Realizzazione una margherita.
Infine apparve un'altra figura.
Il suo abito però non permetteva di riconoscere l'allegoria che interpretava.
Ed in mano non recava alcun fiore.
Ma solo un piccolo vassoio d'oro, sul quale era raccolto un mucchietto di terra.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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