Discussione: Personaggi Donne nel Medioevo
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Vecchio 15-02-2013, 14.12.26   #109
Taliesin
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LA FORZA DELLA RINASCITA DAL DOLORE: ARTEMISIA GENTILESCHI.

Artemisia Gentileschi nasce a Roma l'8 luglio del 1593, figlia primogenita del pittore Orazio Gentileschi (nato a Pisa) e di di Prudenzia Montone (morta prematuramente). Nonostante che all'epoca, l’arte pittorica fosse rigorosamente riservata agli uomini (in genere le donne erano escluse da quasi tutti i lavori non domestici), Artemisia impara nella bottega paterna, le tecniche pittoriche vivendo in un ambiente impregnato di pittori, spesso (come il padre) di scuola caravaggesca.

Del resto pare che Artemisia abbia conosciuto personalmente Caravaggio, che sembra usasse prendere in prestito strumenti dalla bottega del padre, durante il periodo nel quale Caravaggio lavorava nella Basilica di Santa Maria del Popolo e nella Chiesa di San Luigi dei Francesi. La prima opera attribuita a Artemisia è “Susanna e i vecchioni” realizzata probabilmente con riferimenti “autobiografici”. L’episodio di Susanna è narrato nell’Antico Testamento (Libro di Daniele) e descrive la casta Susanna, sorpresa al bagno da due vecchi che la sottoporranno a ricatto sessuale per soddisfare i loro appetiti.

Ma per Artemisia l’opera “Susanna e i vecchioni”, vorrebbe alludere allo stupro da lei subito ad opera di Agostino Tassi maestro di prospettiva, che frequentava la casa del padre, per gli impegni che aveva con Orazio Gentileschi, nella decorazione a fresco delle volte del Casino del Palazzo Pallavicini Rospigliosi a Roma.

Lo scandalo avviene nel 1611, quando Orazio inizia una causa contro Agostino Tassi, per “aver violentato Artemisia più e più volte”.

Questa la testimonianza di Artemisia al processo: "Serrò la camera a chiave e dopo serrata mi buttò su la sponda del letto dandomi con una mano sul petto, mi mise un ginocchio fra le cosce ch'io non potessi serrarle et alzatomi li panni, che ci fece grandissima fatiga per alzarmeli, mi mise una mano con un fazzoletto alla gola et alla bocca acciò non gridassi e le mani quali prima mi teneva con l'altra mano mi le lasciò, havendo esso prima messo tutti doi li ginocchi tra le mie gambe et appuntendomi il membro alla natura cominciò a spingere e lo mise dentro. E li sgraffignai il viso e li strappai li capelli et avanti che lo mettesse dentro anco gli detti una stretta al membro che gli ne levai anco un pezzo di carne."

Durante il processo Artemisia viene anche torturata, ma non ritratta le accuse, tanto che vince (cosa molto strana per una donna) la causa e il pittore Agostino viene condannato a scontare una pena di alcuni anni di carcere. La reputazione di Artemisia (per gli usi dell’epoca) è comunque altamente compromessa e abile è il padre Orazio, che riesce comunque a combinare per la figlia, un matrimonio (1612) con il modesto artista fiorentino Pierantonio Stiattesi.

Artemisia dunque si trasferisce a Firenze, dove avrà 4 figli (tre tuttavia muoiono nei primi anni di vita) e solo la figlia Prudenzia accompagnerà la madre nei suoi viaggi a Napoli, Londra e naturalmente Roma. A Firenze, comunque Artemisia verrà accettata (prima donna in assoluto) all’Accademia delle Arti del Disegno. Il padre comunque non le farà mancare il suo appoggio, come dimostra la lettera scritta alla Granduchessa Cristina di Lorena (1612) “questa femina, come è piaciuto a Dio, havendola drizzata nelle professione della pittura in tre anni si è talmente appraticata che posso adir de dire che hoggi non ci sia pare a lei, havendo per sin adesso fatte opere che forse i prencipali maestri di questa professione non arrivano al suo sapere”. A Firenze conosce dunque un lusinghiero successo, riuscendo anche a frequentare i più reputati artisti e personaggi del tempo (uno per tutti: Galileo Galilei) e a conquistare il favore della famiglia Medici. Negli anni Artemisia raffina e elabora la sua tecnica pittorica, prediligendo realismo, tinte violente e magistrali giochi di luce.

Appartengono al periodo fiorentino le opere “Conversione della Maddalena” e “Giuditta con la sua ancella “ e la seconda versione di “Giuditta che decapita Oloferne” , la prima versione era stata dipinta con “rabbia” tra il 1612 e il 1613 ed è impressionante per la violenza che emana. Nonostante il successo, il periodo fiorentino è tormentato da problemi finanziari e dunque, un poco per sfuggire ai creditori e un po' per sfuggire alla convivenza con il marito, Artemisia torna nel 1621 a Roma, ma non coabiterà con il padre che in quel periodo vive a Genova. Molti sono gli amanti che si attribuiscono a Artemisia Gentileschi anche se pare che il suo grande amore fosse il musicista Nicholas Lanier al quale è forse da attribuire la paternità della figlia Francesca, nata intorno al 1627.

A Roma intanto è crescente il successo del classicismo e delle ispirazioni barocche di Pietro da Cortona e Artemisia entra a far parte dell'Accademia dei Desiosi (Inaugurata nel 1624 da Agostino Mascardi e aperta a poeti e teorici del nuovo gusto barocco ). In questo periodo Artemisia conosce anche il collezionista Cassiano dal Pozzo, ma ciò nonostante le commesse non sono numerose, a lei sono comunque precluse le grandi opere e le grandi pale d'altare, così intorno al 1629 cambia nuovamente città, stabilendosi a Venezia. Risalgono al periodo veneziano le opere: “Giuditta con la sua ancella”, il “Ritratto di gonfaloniere”, “la Venere dormiente” e “Ester e Assuero”. Tuttavia la vita di Artemisia, come quella di tanti grandi maestri pittori, è caratterizzata da continui spostamenti e nel 1630, troviamo Artemisia a Napoli dove realizza “L'Annunciazione”, la “Nascita di San Giovanni Battista”, “Corisca e il satiro” e instaura buoni rapporti con il Duca d'Alcalà e un'ottima collaborazione artistica con il pittore casertano Massimo Stanzione. A Pozzuoli poi realizza per la prima volta il suo sogno di dipingere per una cattedrale, saranno i dipinti dedicati alla vita si San Gennaro. Intanto il padre Orazio si era fatto un nome presso la corte di Carlo I a Londra, era infatti riuscito a avere l'incarico di decorare il soffitto della “Casa delle Delizie di Greenwich” della regina Enrichetta Maria e dunque Artemisia pensa bene, nel 1638, di raggiungerlo. Tra i due, sarà un ritrovarsi breve, poiché nel 1639 il padre muore. Artemisia resterà a Londra probabilmente fino al 1641 ed è certo, come risulta dalle lettere intercorse con il collezionista siciliano Antonio Ruffo che nel 1649 è a Napoli. Le ultime opere che risultano realizzate da Artemisia Gentileshi in questo periodo sono la “Madonna e Bambino con rosario”, "David e Betsabea" , "Lot e le sue figlie" e “Lucrezia”, poi non ci sono ulteriori notizie, molti, forse troppi critici, hanno ignorato per anni la sua arte e così neppure la data della sua morte risulta certa 1652 o 1653. Di lei rimangono esposte al pubblico circa 40 bellissime e vibranti opere.

tratto da: "Artemisia" di Alexandra Le Pierre - Oscar Mondadori

p.s. nell'ipocrita ed osannata giornata della celebrazione dell'amore, San Valentino, assediato da tutte le sue sfaccettature e contraddizioni, possa l'esempio di Artemisia sconfiggere tutti i tipi di violenza sulle Donne di ogni tempo, specialmente quello attuale, civilizzato e moderno.

Taliesin, il bardo
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"Io mi dico è stato meglio lasciarci, che non esserci mai incontrati." (Giugno '73 - Faber)

Ultima modifica di Taliesin : 15-02-2013 alle ore 20.20.24.
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