Sul castello di poppa la luce sembrava appena accennata, quasi come generata da un soffio, soave e leggero, abbandonato e diffuso sui parapetti alti che scendevano e percorrevano le fiancate della Santa Rita.
All'orizzonte, attraversato da nubi man mano sempre più dense e scure, tentava di affacciarsi il cromato ricciolo della Luna fluttuante tra i lampi che illuminavano il cielo e smarrendo, lentamente, il suo argentato alone sulla superficie oscurata delle acque.
Il crepuscolo, che cedeva con sempre più decisione il passo alla sera, appariva simile all'eternità che oltre il cielo si mostrava pian piano più vicino, accompagnato, da una parte, dal primo scintillio delle nuove stelle e dalle nuvole più cupe e profonde dall'altra, come se si fossero divise le due metà di quello scenario, al solo mormorio del mare opaco reso unico spettatore di quello sfondo infinito.
Guisgard vide Talia sul ponte e scese a prenderla, per poi portarla su con lui.
“Forse è vero” disse il corsaro “che un pirata non è poi così diverso da un principe.” Sorrise. “Visto che trovo ad attendermi una principessa.” Si adagiarono accanto al parapetto. “Forse la vita non è altro che un grande racconto” sfiorando una ciocca di capelli che scendeva ribelle sul viso di lei “... si, forse è così e sta a noi mutarla in commedia o tragedia...” la sua mano scese ad accarezzarle il viso e poi la bocca con le dita “... ho attraversato questi mari in lungo e in largo... senza mai fermarmi, sfidando onde impetuose, venti contrari e navi di tutti tipi, colme d'oro o fumanti di cannoni... ho vagato come Ulisse, come Sinbad, tra la furia della natura e l'odio degli uomini... predando tesori di ogni tipo, eppure senza trovare mai niente capace di ammansire il mio spirito...” fissò il mare “... forse questo mio viaggio era solo una fuga... una fuga disperata per dimenticare... si, per dimenticare te... e nelle notti più cupe, più buie, quelle rese incantate ed immutabili dallo scintillio eterno delle stelle e dal muto splendore della Luna ho pensato di non riuscirci... si, perchè davvero non può bastare una vita a dimenticare ciò che invece la tua anima brama, invoca e tenta di raggiungere... la Luna... chiedi alla Luna quante volte le ho parlato di te... e magari tu eri lontana, chissà dove...” tornò a guardarla “... oggi lo so... ho raccolto tutto questo solo per te... ma cosa può donare un innamorato alla sua amata? Davvero può bastare rubare tutto l'oro del mondo e tutte le perle dei mari? Ci saranno altri uomini, forse tra un anno o un secolo, che faranno altrettanto... no, un innamorato può donare solo ciò che è unico, come il suo amore...” aprì un baule che era vicino al timone e cercò tra vari rotoli e pergamene.
Ne estrasse una mappa arrotolata e la mostrò poi a Talia.
“Queste sono le Flegee Settentrionali...” indicando quel disegno alla ragazza “... gli inglesi sono intenzionati a controllarle... ma qui, dove le rotte sono ancora incerte, proprio qui” segnando un punto “vi è un piccolo isolotto senza nome... e quando questo nostro viaggio terminerà, fuggiremo laggiù, lontani da tutto e da tutti... daremo un nome a quell'isolotto e lì saremo felici...” i loro occhi si unirono.
Ma quegli occhi furono solo ambasciatori delle loro labbra, che a loro volta lo furono dei loro cuori e delle loro anime.
Ed un caldo abbraccio li unì sotto quel cielo denso di nuvole e squarciato dal muto incanto lunare.