Cittadino di Camelot
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Annuii a quelle parole di mio padre.
Finimmo così di mangiare... io rimasi silenziosa durante la cena, non riuscendo a smettere di pensare a quella partenza affrettata, a come avrebbe reagito Musan quando lo avesse scoperto e a ciò che avrei detto al nonno poco dopo...
Alla fine, di una cosa sola ero convinta... mi addolorava il solo pensiero, ma sentivo che era una cosa che dovevo fare...
Esitai a lungo... infine mi alzai in piedi...
“Padre...” iniziai a dire, mentre la madre di Jamiel toglieva le ultime stoviglie dalla tavola “Ti prego, lascia che sia io ad informare il nonno su Passapour... sento di doverlo fare... sento che è giusto che io gli parli, dato che domattina partirò!”
Esitai... poi, ad un suo cenno, capii che era d’accordo... così mi congedai da tutti ed uscii dalla sala, diretta al piano superiore.
Giunsi di fronte all’alta porta scura che dava sulle stanze riservate al nonno e qui sostai... ero tesa, preoccupata, triste... ero lì per dirgli che il suo fedele Passapour era morto ed anche che io sarei partita l’indomani... esitai per qualche lungo momento, con la mano a mezz’aria... infine mi feci coraggio e picchiettai appena.
La stanza era immersa nella penombra... vi feci capolino, chiamando piano il nonno... poi lentamente entrai e richiusi la porta dietro di me...
La stanza era invasa dalla calda, tagliente luce del tardo pomeriggio. Io, immobile e silenziosa sulla soglia, continuavo a guardarmi le scarpe, incapace a decidermi ad entrare come pure a fuggire via. Per lunghi minuti fu il silenzio, poi una voce, proveniente dalla poltrona dall’alto schienale dal apate opposta della stanza, mi fece sussultare...
“Talia...” disse la voce del nonno “Cosa fai lì sulla porta? Non vuoi entrare?”
“Nonno...” balbettai, sentendomi immediatamente colpevole “Nonno, io... veramente...”
“Vieni avanti!” disse lui “Fatti vedere!”
Di mala voglia presi ad avanzare lentamente fino a raggiungere l’ampio tavolo di mogano, che, a me bambina, pareva alto ed imponente...
“Eccomi!” mormorai, mantenendo lo sguardo basso.
Il nonno mi osservò per un istante... un debole sorriso aleggiò sulle sue labbra per un istante, ma subito scomparve...
“Sei silenziosa oggi, signorinella... come mai?”
“Io...” iniziai a dire, ma subito tacqui, chiedendomi come fosse possibile che ancora non lo avesse saputo.
“Si?” mi incalzò.
Silenzio.
“Niente?” domandò il nonno.
Non risposi, continuando a scrutare il pavimento.
“Molto bene...” concluse lui “Allora credo che tu possa andare!”
Trattenni il respiro... poi, sorpresa e sollevata perché la mia marachella non era stata scoperta, mi affrettai a voltarmi e a riguadagnare la fuga...
Ero già arrivata sulla soglia, quando mi bloccai.
Non sapevo perché... ma improvvisamente mi sentii in colpa... il nonno, dopotutto si fidava di me, e quel guai che avevo combinato un po’ per gioco ed un po’ senza pensare alle conseguenze prese a rimordermi sulla coscienza...
Esitai per qualche istante... poi lentamente tornai verso il tavolo...
“Nonno...” mormorai con una vocina sottile sottile “Nonno, io... io, ecco... in verità, io dovrei dirti una cosa...”
L’uomo sollevò gli occhi dalle sue carte e mi fissò...
“Davvero?” chiese.
“Si...” dissi “Io... io non volevo fare del male... non ci ho pensato... e mi dispiace... è solo che...”
“Solo che proprio non hai resistito!” completò, con un mezzo sorriso “E la povera signora Lodewijk ne ha fatto le spese... è così?”
Sorpresa sollevai gli occhi e finalmente lo guardai, dall’altra parte del tavolo a cui il mio naso arrivava a fatica...
“Tu lo sai?” chiesi.
Il nonno annuì appena.
“Ma non me lo hai detto...” mormorai “Pensavo mi avresti sgridata...”
Il nonno mi osservò per un istante... poi sospirò...
“Vedi, Talia... ciò che hai fatto è sbagliato e lo sai. Così come io so che non l’hai fatto con cattive intenzioni, ma solo per uno sciocco gioco. La cosa davvero importante e di cui sono orgoglioso è che sei stata tanto onesta da confessare.” mi sorrise “Sai... qualche volta dire la verità è difficile, lo so... specialmente quando si teme di ferire o di deludere le persone che amiamo... eppure, anche in quei casi, la verità è la sola cosa che conta, la sola cosa che vale davvero! Ricordatelo, Talia... la verità! Sempre! Soprattutto con le persone a cui tieni!”
La stanza era buia, ma potevo distinguere la sagoma del nonno, immobile, sulla poltrona di fronte alla finestra...
Mi avvicinai adagio... sapevo che, se anche non poteva voltarsi a guardarmi, mi aveva sentita e mi aveva riconosciuta... il nonno aveva il dono di sentirmi e riconoscermi quando arrivavo, lo aveva sempre fatto...
“Ciao, nonno...” mormorai, giungendogli accanto e posandogli un leggero bacio sulla guancia, per poi sedermi sul tappeto ai suoi piedi, come facevo da piccola quando mi raccontava le sue storie sui suoi viaggi e sui pirati...
“Sai...” dissi dopo un po’ “Sono stati lunghi questi due anni... è stato difficile ambientarsi qui, è stato difficile iniziare a vivere una nuova vita, in un nuovo mondo... non so... a volte penso che se è stato così difficile è solo perché la mia vecchia vita in Olanda mi piaceva! Sì, mi piaceva stare con te... mi piaceva la nostra casa e la vista di cui si godeva dalla terrazza alta, ti ricordi? Mi sentivo sicura là... non ho mai avuto problemi e non ho mai avuto paura... mai, neanche una volta ho avuto paura di niente...”
Esitai...
“Qui, invece, tutto è diverso...” mormorai poi “Ho... ho conosciuto un uomo... uno spagnolo! Lui mi ha donato un pugnale e da quel momento in poi...”
La mia voce tremò forte... ma la schiarii e mi costrinsi a continuare...
“E da quel momento in poi tutto è cambiato! Tutto è precipitato!”
Sospirai... e, senza riuscire ad arginare le parole, raccontai tutto ciò che era accaduto con Musan... raccontai delle sue parole, di ciò che mi aveva detto e di ciò che aveva insinuato... raccontai dell’arresto di Passapour e di come ero voluta andare fino alle prigioni per vederlo... infine, con la voce spezzata raccontai di ciò che era accaduto là, del corpo senza vita che Musan mi aveva mostrato, delle sue parole, delle accuse, della paura, racconta di come mio padre era arrivato e di come mi aveva portata via...
I miei occhi erano pieni di lacrime alla fine e la mia voce così rotta che faticavo a parlare...
“Mi dispiace così tanto, nonno... ti ho deluso, sono stata così sciocca... così inutile... ed il povero Passpour... io so che non può essere stato lui, so che quelle accuse sono false e bugiarde... ma nessuno mi crede... nessuno vuole darmi retta... mi dispiace così tanto...”
Cercai con la mia la sua mano, immobile sul bracciolo della poltrona, e su di essa poggiai la fronte e piansi... piansi per qualche tempo, sfogando con lui tutta la paura, l’ansia e la frustrazione che avevo dentro...
Infine, riuscendo a calmarmi, tornai a sollevare la testa...
“Perdonami!” mormorai, asciugandomi gli occhi e cercando i suoi “Perdonami... se ho pianto. Il fatto è che... beh, il fatto è che, dopo questo, papà ha deciso che era troppo pericoloso per me restare qui... dice che sono l’anello debole della catena, perciò non posso più restare qui... ed ha deciso che dovevo partire. E così... beh, così domattina presto mi metterà su una nave!”
Sospirai... sentendomi come chi si è appena liberato da un peso insostenibile, un peso che avevo sul cuore.
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** Talia **
"Essere profondamente amati ci rende forti.
Amare profondamente ci rende coraggiosi."
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