Avevo dormito poco e male quella notte, avevo continuato ad agitarmi e a svegliarmi, avevo fatto sogni confusi ed inquieti... ed in ogni sogno c’era lui: il giorno il cui l’avevo incontrato ed il giorno in cui eravamo stati costretti a separarci, le passeggiate che facevamo, le cose che mi diceva, il modo in cui sapeva farmi sognare... iniziò a mancarmi l’aria, nascosi il viso nel cuscino... avevo poi sognato il nonno e Passapour, avevo sognato Balunga, Las Baias e l’Olanda, avevo sognato il mare...
Infine, scossa, mi alzai, mi infilai la veste da camera ed uscii sul terrazzo.
Non era neanche l’alba, ancora, e l’aria era fresca e limpida sul mare piatto... rimasi lì immobile per molto tempo, pensando, sognando ad occhi aperti.
Mio padre se ne andò presto quella mattina... subito dopo colazione si fece preparare la carrozza e lasciò la villa, diretto in città.
Io raggiunsi il nonno nell’ampia sala, ornata da ampie ed alte finestre che guardavano il mare... avevo con me il suo libro di poesie preferito, che poco dopo iniziai a leggere ad alta voce... ne avevo letto solo poche pagine quando mi interruppi... quei pensieri continuavano a vorticarmi in mente ed io non riuscivo più a tenerli a freno...
“Sai... ho fatto dei sogni stanotte!” dissi, senza sollevare gli occhi dalla pagina “Ho fatto molti sogni... ed in ogni sogno c’era lui!”
Esitai...
poi sollevai lo sguardo ed incrociai quello del nonno... mi stava fissando.
Sapevo che il nonno non aveva bisogno che gli spiegassi chi fosse lui... giacché sapeva che vi era una sola persona al mondo cui io potevo riferirmi, parlando a quel modo...
“Lo sogno spesso...” proseguii, riabbassando lo sguardo “E mi chiedevo... insomma, io mi chiedevo se... se tu lo hai più visto... o se hai sue notizie...”
Di nuovo esitai...
nel momento esatto in cui avevamo lasciato l’Olanda, due anni prima, mio padre mi aveva fatto divieto assoluto di parlare mai più di quella storia, mai più di lui... il nonno era il primo con cui infrangevo quella regola.
“Io...” ripresi, la voce che tremava forte “Io, nonno, mi stavo chiedendo se...”
Ma fui interrotta dall’ingresso di mia madre nella sala e tacqui.
Pochi istanti dopo giunse anche Jamiel.
Citazione:
Originalmente inviato da Guisgard
Jamiel corse in casa tutto affannato e visibilmente preoccupato.
“Padrona...” disse ansimando alla madre di Talia “... ci sono nuovamente i soldati...”
Alcuni istanti dopo, i militari si presentarono a Talia e a sua madre.
Nella stanza vi era anche il vecchio Arkwin.
Il sergente li fissò e fece un passo avanti.
“Signora... salutando Maria “... signorina...” poi Talia “... mi spiace giungere qui così... ma reco notizie poco piacevoli... il signor Passapour ieri è stato sottoposto ad un nuovo interrogatorio ed alla fine è crollato, confessando di essere lui il colpevole della strage di Balunga...”
Maria riuscì a stento a soffocare un grido.
“E nel confessare” continuò il sergente “ha ammesso che il mandante è stato... il signor Arkwin Van Johinson ... mi spiace...” avvicinandosi al vecchio “... dovete venire con noi, signore...”
E lo sguardo di Arkwin sembrò perdersi nel vuoto, inquieto, come chi sa di essere caduto in una trappola e non avere alcuna via d'uscita.
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“E cosa gli avete fatto per spingerlo a dire questo?” mormorai rabbiosamente tra i denti, alle parole del sergente.
E tuttavia ciò che disse dopo mi sorprese ancora di più... mi colpì... mi ferì...
Vidi i soldati muoversi verso il nonno ed un improvviso moto di rabbia si impadronì di me.
“Fermi!” dissi, e la mia voce gelida risuonò nella sala.
Lentamente avanzai e mi frapposi tra il nonno, immobile sulla poltrona, ed il manipolo di soldati.
“Ciò che dite è sfortunatamente impossibile da attuare, sergente!” spiegai, la voce misurata ed altera “Mio nonno, a causa del suo incidente, sfortunatamente non può muoversi. Ogni spostamento potrebbe essere fatale per lui e per la sue salute. Ne consegue, mi perdonerete, che io non possa permettervi di portarlo via, a meno che i mezzi di trasporto con cui desiderate trasferirlo non siano appropriati alla sua condizione...”
Lo osservai per un attimo con aria scettica...
“E non credo che lo siano!” conclusi.
Notai sorpresa e sconcerto tra i miei soldati a quelle mie parole, ma non detti segno di averlo notato... al contrario, sorrisi amabilmente.
“Ovviamente, sergente, sarà nostra cura operare perché possiate interrogarlo qui, se lo desiderate... avrete, da parte nostra, tutto l’aiuto di cui abbisognate, siatene certo! Anzi... potete lasciare qui qualcuno dei vostri soldati, se lo gradite, mentre voi tornate in città per organizzarvi... possono accomodarsi nell’ingresso e controllare che nessuno entri o esca da qui... anche se...” gettai un’occhiata al nonno, poi una sarcastica al sergente “Anche se non credo temiate che fugga, non è vero?”
Il mio sguardo si mosse tra loro, amabile e cortese... poi tornò sul sergente e di nuovo diventò glaciale...
“Intanto, fatemi la cortesia di portarmi in città con voi... è mio desiderio, infatti, incontrare il signor Passapour ed ascoltare personalmente la sua accusa. Come vi ho già detto in passato, sergente, io non sono né un politico né un militare, ma credo che incontrare l’accusatore in vece di mio nonno che non può farlo rientri tra i miei diritti!”