La carrozza percorreva con andamento lento la stradina che, tagliando in due il borgo, conduceva al molo dov'era ormeggiata la Santa Rita.
L'ufficiale al suo interno guardava con sguardo cupo dalla finestrella del veicolo, perso com'era in un'ombrosa e sfuggente inquietudine.
“Io...” mormorò lei con la voce rotta “... io ti ho sempre creduto... e forse l'averti creduto è stata la più grande disgrazia che potesse capitarmi...” lo fissava ed i suoi occhi sembravano volersi nascondere nel silenzioso imbrunire del crepuscolo, con ormai solo una pallida e malinconica Luna ad illuminare ciò che restava di quel triste giorno “... mi sono accadute tante cose per questo... troppe cose per me... ora scusami... ma voglio andare... non ho la forza di restare...” i suoi occhi scuri erano ancora più belli del solito, anche se lui non riusciva a comprendere se quel loro fulgido luccichio dipendesse dall'alone lunare riflesso in essi, o da calde lacrime apparse ad inumidirli con screziato vermiglio.
Lei allora corse via e lui non riuscì neanche a sussurrare ciò che aveva nel cuore.
“Non andartene...”
E quel sussurro si spense con gli ultimi bagliori di quel giorno che stancamente andava a morire.
“Come siete silenzioso e pensieroso, milord...” disse una delle due dame che erano con lui nella carrozza, destandolo così da quel ricordo “... forse avvertite già la mancanza di qualche avvenente dama? Certo che imbarcarsi per un anno e mezzo per i mari del Sud, lontano dalle frivolezze e dagli sfarzi dell'alta società, deve essere alquanto triste per un uomo come voi, vero?”
L'ufficiale la fissò e sorrise, per poi assumere un'aria di sarcastica sufficienza.
“In verità, cara lady Adelya, è la certezza della vostra mancanza, come quella della deliziosa lady Anghela” fissando poi l'altra dama seduta nella carrozza “che già mi rende opprimente questa partenza... posso allora augurarmi un dolce saluto da parte vostra prima di imbarcarmi per mari e rotte sconosciute?”
“Oh, milord, i commiati sono tanto lacrimevoli” rispose Adelya “e voi un così abile simulatore che tutta la scena mi appare surreale e melodrammatica!”
“E poi, milord...” intervenne Anghela “... da come guardavate lady Roman, l'audace e giunonica moglie del capitano Muschat, forse è giusto pensare che debba essere lei a recarvi tale saluto per questa imminente partenza!”
“E anche lei, cara Anghela, non disdegnava di lanciare occhiate al nostro romantico tenente di vascello!” Replicò Adelya. “Comunque, abbiamo accettato di accompagnarvi, milord, solo per vedere da vicino il veliero su cui vi imbarcherete.”
“Eh, amiche mie...” sospirò l'ufficiale “... un tempo ai marinai in partenza le donne destinavano ben altre attenzioni...”
“Chissà poi” fece Adelya “cosa racconterete alle donne che incontrerete in questo viaggio. Si dice che le isole dell'emisfero Australe siano abitate da donne dalla pelle d'ebano, d'ambra e di corallo. Già vi vedo, milord, a dispensare a quelle poverette i vostri modi da cavalier cortese e amante devoto. Eh, povera la donna che vi concederà la sua fiducia!”
“Oh, ma come siete crudeli, amiche mie!” Esclamò divertito l'ufficiale. “E dire che pensavo di non avere nemici, o almeno di non curarmene abbastanza da poterli rammentare. Invece vedo che non avete nulla da invidiare ad una Medea o ad una Morgana.”
“Vi sentite dunque un novello Giasone, milord?” Domandò Anghela.
“Più un Teseo direi, cara Anghela!” Disse Adelya. “E cosa direte, dunque, a qualche novella Arianna che incontrerete su una sperduta isola del Sud?” Chiese al nobile ufficiale.
“Oh, racconterò una storia adatta a tutte le occasioni, vecchia come il mondo e credibile da un cuore ingenuo, come sicuramente può essere quello di una selvaggia principessa indigena...” con un sorriso beffardo lui “... che sono un nobile principe di qualche lontano potentato orientale, lasciato da una donna crudele e che per questo sono finito poi ad odiare tutte le altre e a farmi beffe dell'amore!”
“Oh, nessuno vi crederà mai!” Esclamò Adelya. “Neanche un'ingenua indigena del Sud! Si vede che non avete mai sofferto per amore voi!”
A quelle parole della donna, per un momento, lo sguardo dell'ufficiale fu attraversato come da un lampo.
Un lampo poi che lui stesso si sforzò di spegnere.
Ad un tratto la carrozza si fermò ed il cocchiere scese ad aprire la porta.
“Siamo arrivati al molo, milord.” Disse.
“Benissimo, Garret!” Esclamò l'ufficiale, per poi saltare giù dalla vettura. “Amiche mie...” rivolgendosi alle due dame e togliendosi il cappello “... grazie per avermi accompagnato. Così che serberò questi momenti durante le lunghe, calde, silenziose ed incantate notti nei mari del Sud, come ultimo e felice ricordo del mondo civile.” E mostrò loro un vistoso inchino.
“Oh, siete detestabile, milord!” Esclamò Adelya. “Siete un adulatore anche nei saluti, che invece richiederebbero un minimo di sincera commozione! Ma ormai è da tempo che ho smesso di sperare in un atto di schiettezza da parte vostra! Ciò nonostante, vi auguro buona fortuna per il viaggio ed un felice risultato per la vostra missione.”
“A presto, milord.” Sorridendo Anghela. “E che il Cielo vegli su di voi!”
E la carrozza andò via.
L'ufficiale allora salì a bordo della Santa Rita.
“A chi apparteneva quella carrozza?” Chiese il capitano Sumond nel vedere il mezzo ripartire.
“Al vostro secondo ufficiale, signore.” Rispose Great. “Non lo conoscete?”
“No...” mormorò il capitano “... mi è stato assegnato dall'Ammiragliato... sarà allora più un damerino che un ufficiale di vascello...”
“Signore, egli è...”
Ma prima che Great potesse continuare, l'ufficiale si presentò al comandante Sumond.
“Tenente Guisgard, signore!” Disse il nuovo arrivato a bordo. “Ai vostri ordini!”