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Vecchio 27-07-2012, 17.54.53   #2907
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
L'avatar di Guisgard
Cavaliere della tavola rotonda
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Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
A quelle parole di Talia, Guisgard allentò la sua presa sulle mani di lei, lasciandole così scivolare via.
Si allontanò allora di qualche passo.
“Vuole...” disse a voce bassa “... vuole vedere solo te...” sospirò, portandosi le mani nei capelli “... già, immagino... poi tu gli hai detto di essere mia sorella... perfetto, direi... al suo posto mi sentirei un leone... sarebbe un idiota a non sentirsi incoraggiato...” si voltò verso di lei “... perchè gli hai detto di essere mia sorella? Non hai pensato alle conseguenze? Al fatto che questa cosa gli darà più sicurezza?” Tirò via una pietra con un calcio. “Perchè hai detto di essere mia sorella?” Scosse il capo. “Già, del resto questo siamo, no? E tu non hai dunque detto una bugia... siamo solo fratello e sorella...”

Le alte mura del palazzo sembravano voler proteggere e racchiudere allo stesso tempo quel luogo tanto venerando, quanto maestoso.
La reggia sorgeva sulla cima di un tenero colle, circondato da una sterminata distesa di colline che, come un mare incantato, macchiettato di verdi vigne, floridi girasoli e austeri cipressi, sembrava disperdersi tutt'intorno, interrotto solo da qualche sperduto casale e silenzioso castello addormentato dietro un lungo e mite viale alberato.
Un vento costante soffiava dalle colline, rischiarando l'aria e liberando quell'orizzonte dalla foschia, quasi a volerne aprire le porte verso un mondo lontano.
La terra rossa di quei luoghi appariva ovunque, tra i campi, lungo le dolci vallate e nella case che correvano tutt'intorno alle mura del palazzo reale, come a voler unire ogni cosa in un gioco di screziate variazioni cromatiche, tutte nate dal riflesso di quello straordinario rosso.
Era giorno di udienze e la reggia aveva le sue porte aperte, lasciando così ad una vivace umanità la possibilità di affollare il cortile reale.
Andros stava all'ombra di un grosso albero che spuntava con i suoi rami oltre il muretto che racchiudeva i giardini.
Attorno a lui vi erano sedute alcune dame, con valletti e messeri.
Il sagace narratore intratteneva quella cortese compagnia con la risoluzione di un enigma, che sembrava suscitare non poco l'interesse nei presenti.
Chymela era poco più lontana, seduta su una panca del cortile, intenta a seguire, divertita, quella scena.
“Avanti, messer Cristiano.” Disse una dama. “Rivelateci voi la soluzione di questo indovinello. Credo sia troppo complicato per noi oggi. Su, non fatevi pregare! O dobbiamo pensare che vi diverte tenerci sulle spine?”
“Il fatto è che” intervenne uno dei messeri “oggi fa troppo caldo per pensare a questo indovinello, sir... e poi qui c'è troppo chiasso per concentrarci. Sarete dunque costretto a rivelarci la soluzione del vostro gioco...”
“No, non ancora!” Esclamò Chymela. “Io non voglio ancora arrendermi!”
Andros la fissò e sorrise.
“Sir!” Disse all'improvviso una voce dal cortile. “Sir! Ehi, voi, venite a vedere!” Chiamando gli altri che erano con lui.
E tutti gli si avvicinarono.
“Ehi, ragazzi!” Esclamò Andros stringendo loro le mani. “Cosa ci fate qui?”
“Siamo i rappresentanti della nostra contrada” rispose uno di loro “e abbiamo portato delle cose al re.” E mostrò un carro colmo di vari oggetti e merci che rappresentavano l'omaggio che ogni contrada dava alla corona in vista del grande Palio cittadino.
“Vi state preparando per la giostra?” chiese Andros.
“Si e vi vogliamo con noi, amico mio!”
“Non mancherò.” Sorridendo il capomazdese.
“Mi raccomando, sir!” Fece uno di quelli. “E badate che Choci attende quel vostro portafortuna! Ci occorre per vincere!”
“Quel cavallo” disse Andros “può battere chiunque, anche senza il mio portafortuna. Però ci sarò, promesso. La nostra contrada” con tono fiero e sincero “vincerà.”
Si strinsero in un tenero abbraccio e poi si salutarono.
“Devo dire” avvicinandosi poi Chymela ad Andros “che sono sinceramente stupita...”
“Davvero?” Chiese Andros. “E perchè mai?”
“Beh...” rispose lei “... le contrade sono gruppi molti chiusi e tengono al senso di appartenenza... e ci vuole una cerimonia particolare per essere ammessi nei loro ranghi... voi invece siete qui da poco, ma nel vedere quelle persone... non so... sembravate amici da sempre... come se foste uno di loro... si, sono colpita da questo.”
“Ci siamo conosciuti poco dopo il mio arrivo” sorridendo Andros “e siamo diventati amici.”
“Mi piacerebbe conoscere come è nata questa vostra amicizia con loro.” Disse Chymela. “Se a voi va, naturalmente...”
Andros rise e prese la mano di lei.
“E' una lunga storia, mia signora.”
“Adoro le lunghe storie.” Sorridendo lei.
“Allora sappiate che dentro c'è di tutto” fece lui “e nulla manca davvero... eroismo, esotismo, erotismo!”
“Davvero?” Stupita lei.
“Eh, tutto cominciò al mio arrivo qui...” annuendo lui “... mi ritrovai per caso in quella contrada e fu allora che accadde qualcosa di incredibile...”
“Cosa?” Domandò lei.
“Eh, vidi una bellissima principessa...” sospirando lui “... capelli come l'oro, pelle di ceramica, occhi verdi come la speranza di chi ama... me ne innamorai subito e decisi di chiedere in sposa quella bellissima creatura... quel fiore nato tra i dolci colli, quel frutto proibito, quella perla di Sygma...”
“E come c'entra la contrada in tutto questo?” Vagamente infastidita lei.
“Non basta questo per far compiere qualsiasi impresa ad un uomo?” Rispose lui, facendole l'occhiolino.
Lei allora si voltò verso il palazzo e poi si alzò di colpo.
“Credo si sia fatto tardi.” Disse. “Devo andare. Vi auguro una buona serata.”
“Avevate detto di restare qui fino a sera...” facendosi serio lui “... perchè ora invece andate via?”
“E' tardi.” Rispose lei. “Sono attesa. Avete altro da dirmi?”
Andros non rispose nulla.
“Allora vi auguro una buona settimana.”
“Buona settimana?” Ripetè lui.
“E' un modo di salutare.” Acida lei. “Si usa qui. Nella nobile Capomazda no?”
“Vuol dire che non ci vedremo nei prossimi giorni?”
“Credo di no.” Fece lei. “Avete altro da dirmi?”
Andros chinò il capo.
“Bene.” Disse lei e fece per andar via.
“Milady.” Incrociandola il vecchio Guglielmo. “Che piacere vedervi. Il nostro buon Cristiano vi avrà certo intrattenuta con qualcuna delle sue storie su Capomazda. Dovreste visitare la nostra bella terra.”
“Si, è molto bravo a raccontarle.” Indifferente lei. “Le racconta da sempre e le racconterà anche quando io non ci sarò più ad ascoltarle. Del resto, si sa, nulla dura per sempre. Arrivederci, caro Guglielmo.” E si voltò di nuovo verso Andros, per poi andare via, lasciando il ragazzo in una profonda malinconia...

“Allora?” Fece Guisgard, destando Talia da quella visione. “Cosa hai deciso? Lo incontrerai dunque?”
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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