Guisgard era inquieto.
Fissava Talia e tentava di coglierne ogni sensazione ed ogni emozione.
Lei non poteva vedere il viso del cavaliere, ma lui invece poteva vedere il suo.
E ne leggeva chiaramente una vaga inquietudine, una soffusa agitazione.
Per qualche istante calò il silenzio tra i due e solo le loro mani continuarono a parlarsi attraverso un linguaggio fatto di percezioni.
“Si, hai ragione.” Disse lui, dopo che lei aveva finalmente rotto quel silenzio. “E sono certo che una bella colazione ci farà dimenticare la stanchezza e le preoccupazioni causateci da questo viaggio.”
Si alzarono allora in piedi, per poi avviarsi verso la porta della camera.
“Sai che in Oriente” sorridendo lui “le principesse non camminano mai in pubblico? I piedi sono simbolo di bellezza per quei popoli lontani e le loro donne raramente camminano in pubblico. Ed è per questo che...” e con gesto improvviso, ma delicato, la prese in braccio “... dovrai affidarti a me per scendere queste scale!”
Così, Guisgard con Talia fra le braccia, scese al piano di sotto, dove tutto era pronto per la loro colazione.
E sedutisi ad una dei tavoli, la locandiera servì loro ciò che aveva preparato, insieme alla frutta fresca raccolta nel giardino.
Guisgard però, ancora inquieto per i fatti accaduti in precedenza e per lo stato d'animo di Talia che aveva percepito, quasi senza accorgersene cominciò a fissare il grande ritratto che la locandiera aveva sulla parete.
Il ritratto in cui compariva una ragazza bellissima, dallo sguardo inquieto e immersa in un paesaggio che sembrava attraversato da tutte le forze che ravvivano e scuotono l'animo umano.
La ragazza che lui aveva descritto a Talia e che lei aveva subito riconosciuto come Chymela.