L'arrivo di Talia alle sue spalle, destò Guisgard dai suoi pensieri.
Pensieri tutti suscitati dall'immagine di quella grandiosa città.
“Ho udito molti racconti di grandi città...” disse lui “... città credute imprendibili, difese da cinte murarie impenetrabili, poste in luoghi inaccessibili o ritenute fondate da razze ormai scomparse... ma erano solo racconti di bardi e di cantastorie, il più delle volte con l'intento di meravigliare e guadagnare così un tozzo di pane e una minestra calda... ma davanti a questo spettacolo... a questa città così sterminata e stupefacente, beh, non si può non restare impressionati...” prese la mano di lei e avvicinò la ragazza a lui “... si, hai ragione...” continuò “... il suo nome sembra richiamare qualcosa di luminoso ed eterno... eppure, non so, ma non riesco a dimenticare le parole dell'uomo incontrato presso quel pozzo...” molti ed inquieti pensieri attraversarono allora la mente di Guisgard.
Tuttavia, il cavaliere li tenne per sé, non volendo, a causa di quelle preoccupazioni, causare agitazione in Talia.
Il pomeriggio era ormai terminato e l'imbrunire cominciava ad avvolgere, con i suoi incantati giochi di chiaroscuro, ogni cosa in quel magico scenario.
Un incommensurabile spettacolo allora iniziò ad accendersi nel crepuscolo.
Pian piano, Gioia Antica cominciò a splendere di un'infinita di luci, di varia intensità e di diversi colori.
Fiaccole ardevano di un purpureo chiarore, mentre attraversavano le mura e le parti basse della città, come in scia ad una mistica processione scandita da uno sconosciuto rituale.
Falò di screziate nervature danzavano sulla sommità di slanciate torri, quasi come a volersi sostituire alla ormai debole luce del giorno morente.
E poi aloni vermigli, turchesi, ambrati e di verde smeraldo scintillavano tutt'intorno alle sagome e alle fattezze delle migliaia di costruzioni che affollavano quel luogo, mentre uno sterminato sciame di luci, tutte diverse l'una dall'altra, pullulava tra le stradine, i vicoli, le piazze ed ogni altro spazio che sorgeva tra gli infiniti edifici di quella città.
Il granito, al contatto con quegli illimitati preziosismi di luci, bagliori e riflessi, emanava riverberi che finivano poi per frantumarsi e frastagliarsi come schegge ardenti, simili ad una pioggia di sconosciuta meraviglia e vigore.
Guisgard tentò di descrivere quello spettacolo a Talia, ma più cercava di far sua qualcuna di quelle immagini, più essa mutava in un qualcosa di diverso e quasi impossibile da essere compreso per gli umani sensi.
Ad un tratto qualcuno bussò alla porta, facendo quasi sussultare i due giovani.
“Ecco il latte caldo col miele” disse la locandiera entrando nella stanza “e alcune pannocchie proprio ora saltate giù dalla brace. Mangiate tutto, mi raccomando.” Sorrise e uscendo augurò ai due la buonanotte.
“Sai...” mormorò Guisgard, mentre porgeva una tazza di latte e miele a Talia “... entrando nella locanda c'è un ritratto sulla parete grande che domina tutto l'ambiente... è raffigurata una ragazza molto bella... con i capelli chiari, quasi biondi, la pelle pallida e di corporatura sottile... reca un fascia tra i capelli ed una coroncina al collo con una pietra rossa simile a quella che hai tu... fissa una verde vallata ed il suo sguardo sembra enigmatico ed impenetrabile...”
Quelle parole di Guisgard fecero sussultare Talia.
Il cavaliere aveva appena descritto una ragazza che lei conosceva benissimo, avendola vista più volte attraverso le sue visioni.
La ragazza del ritratto, infatti, sembrava essere in tutto e per tutto Chymela.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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