Cavaliere della Tavola Rotonda
Registrazione: 04-06-2008
Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
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Guisgard più ascoltava quella storia, più fremeva.
Era visibilmente agitato e tradiva una viva inquietudine.
Più di una volta, durante il racconto, il cavaliere era stato sul punto di interrompere nuovamente il menestrello e solo l'intervento di Umans gli aveva impedito questo suo proposito.
Il menestrello poi si fermò di nuovo, stavolta per bere ed assaggiare qualcosa che alcuni dei presenti gli avevano offerto.
Guisgard allora ne approfittò per avvicinarsi nuovamente al cantore.
“Quei nomi...” disse il cavaliere “... i nomi dei protagonisti... a chi appartengono?”
“Alla fine della storia” rispose il menestrello “comprenderete... altrimenti rovinerete il racconto.”
“Voglio solo sapere di quei due nomi.” Fissandolo Guisgard.
“Forse non hai capito, amico...” avvicinandosi a lui alcuni dei presenti “... qui vogliamo sentire la storia senza le tue continue interruzioni...”
“Massì, ora riprenderà il racconto!” Esclamò Umans. “Forza, menestrello! Riprendi a narrare!” E riportò Guisgard al tavolo.
Il menestrello ricominciò a suonare...
Andros giunse di corsa alla vecchia miniera.
Era sudato per l’intensa calura ed eccitato per quello che stava per fare.
Sentiva il cuore pulsargli con vigore nel petto ed un sorriso beffardo, simile ad un ghigno, gli si era fissato sul volto.
Raggiunse uno spuntone di rocce seminascosto da un folto cespuglio di rovi.
Qui, spostando alcune di quelle pietre, liberò un piccolo cunicolo e vi si calò dentro.
Era scuro la sotto, ma Andros si muoveva come chi conosceva bene il posto in cui si trova.
Seguirono alcuni infiniti istanti di irreale silenzio, ravvivati solo da un debole vento che faceva svolazzare qualche ramo secco tra le pietre e il terreno.
Ad un tratto, avvolto da una leggera nuvola di polvere, una figura emerse da quel cunicolo, impugnando qualcosa che sembrava quasi ardere per i bagliori che emanava.
Nella piazza in tanto, seguendo lo strano invito di Andros, tutti si erano radunati.
“Questa poi…” disse agli altri Palm “… un tipo, abituato a buttar giù succo di frutta, beve una birra che gli da alla testa e noi tutti a dargli corda!”
“Nessuno ti obbliga a star qui.” Rispose Hunz.
“Resto perché voglio proprio godermela questa bravata!” Disse Palm.
Ad un tratto, si udì un sibilo lontano.
E subito dopo, come condotto dal vento, Andros giunse nella piazza come un antico condottiero romano, pronto a meravigliare il popolo con il suo trionfo.
Restò alcuni istanti a fissarli compiaciuto, per poi estrarre la sua spada e mostrandola a tutti loro.
“Allora? Avete perso la voce?” Gridò Andros sovreccitato al centro della piazza.” Basta così poco per intimorirvi tutti?”
“Che mi venga un colpo!” Esclamò Hunz. “Andros… cosa significa?”
“Lo scoprirete presto!” Rispose Andros ridendo di gusto. “Avanti, si alza il sipario!”
Hunz si avvicinò allora al ragazzo e pian piano, come tante pecore che seguono cieche il proprio pastore, lo imitarono tutti gli altri abitanti della cittadina.
“Andros… ma come è possibile tutto ciò?” Chiese come intontito Vision.
“Ve l’avevo detto, no?” Rispose Andros. “Che ero io il miglior spadaccino in circolazione!”
Poi, fissando Palm, aggiunse:
”Avanti, mio buon amico… se ricordo bene i cavalieri e le armi sono la vostra passione! Avvicinatevi e guardate la mia spada! Avanti, avvicinatevi tutti!”
Attorno a lui si formò allora una vera e propria ressa.
Tutti erano incuriositi e meravigliati dalla superba spada del loro concittadino.
“Ma dove avete trovato questa meraviglia, Andros?” Chiese Hunz, ancora stupito.
“Sono stato educato sin da piccolo all'arte cavalleresca.” Rispose Andros. “Ho combattuto in decine di giostre ed ho partecipato a varie battaglie! Ed al mio fianco c’era sempre questa inseparabile compagna!” Concluse poi indicando la propria spada.
“Incredibile…” mormorò uno sbigottito Palm.
“Ha un nome questa spada messere?” Chiese un ragazzino a Andros.
“Certo che ha un nome!” Rispose lesto il taddeide. “Il suo nome è Parusia!”
“Parusia…” ripeté quel ragazzino con gli occhi sognanti.
“Ora è giusto che vi dimostri la veridicità delle mie parole!” Disse Andros ai presenti. “Siete un cultore di armi da guerra, vero Palm?”
“Io?” Ripeté questi quasi cadendo dalle nuvole. “Certo… immagino di si…”
“Lo siete oppure no, amico mio?” Chiese con decisione Andros.
“Certo che lo sono!” Rispose Palm riprendendosi dallo stupore causato da quella strabiliante situazione.
“Bene. E possedete uno scudo degno di tal nome?” Chiese Andros con il tono di chi ha dimestichezza verso questo genere di cose.
“Ho uno scudo acquistato ad una fiera ed appartenuto ad un arimanno longobardo!” Rispose con orgoglio Palm. “Un vero gioiello per chi conosce le armi e l'abilità degli armaioli di quel popolo!”
“Bene.” Disse Andros. “Andatelo a prendere, per favore. E quando sarete pronto, appendetelo a quell'albero laggiù.”
Palm corse a casa sua e fece come gli aveva chiesto Andros.
Tornato nella piazza, posizionò sull'albero il suo scudo ed attese.
“Sono pronto, Andros!” Disse verso il taddeide. “Quando volete!”
Andros allora montò in sella ad uno dei cavalli legati davanti alla locanda e si lanciò velocissimo verso l'albero su cui era stato posizionato lo scudo.
E quando gli fu a tiro, il taddeide lo colpì con un violento e preciso fendente, spaccandolo in due parti perfettamente uguali.
“E’ incredibile!” Gridò Hunz. “Ha tagliato in due quello scudo, stando in sella al cavallo! E con un colpo solo! Mai vista una cosa simile! Deve avere un'abilità straordinaria!”
E la stessa meraviglia si diffuse tra i presenti.
Qualche attimo dopo, Andros ritornò fra loro e fu accolto da tutti come un eroe...
“La solitudine” mormorò la duchessa “è come una lenta fiamma... troppo piccola per essere vista, eppure abbastanza forte da consumare pian piano ogni cosa al suo passaggio... non impietosirti...” cambiando vagamente tono “... non solo i vecchi e i malati sono soli... no, affatto... quasi tutti lo siamo... e sono soprattutto le persone speciali, fuori dal comune, ad esserlo di più... anzi, a rendersi conto di essere soli... gli sciocchi e gli stolti non ci badano... loro sanno confondersi con la moltitudine e la massa... sono invece i grandi che soffrono di solitudine... molti hanno cercato di dare un volto o un'immagine alla solitudine, eppure solo una volta io ho davvero visto la raffigurazione della solitudine... in un ritratto...”
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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