XXVII Quadro: La leggenda della spada sepolta
“Un guerriero sa che la stella più lontana dell'Universo si manifesta nelle cose che stanno intorno a lui.”
(Paulo Coelho, Manuale del guerriero della luce)
Guisgard fissava il bicchiere davanti a lui, girandolo e rigirandolo fra le sue mani.
Lo sguardo era cupo e l'espressione stravolta.
“Eh, se questo tuo buon vino, caro oste, fosse invece un elisir...” disse Umans appoggiato al bancone con l'oste che lo fissava dall'altra parte “... di lunga vita, o magari capace di tramutare in oro i materiali vili... eh, caro oste, quanti problemi si potrebbero risolvere...” e scolò il bicchiere tutto d'un fiato.
“Quell'uomo che avete condotto qui...” mormorò l'oste indicando Guisgard che stava seduto ad uno dei tavoli “... cos'ha? E' forse muto? O pazzo? Non sarà, voglio sperare, un ricercato o qualcosa di simile.”
“Eh...” con un ghigno Umans “... il nostro uomo è malato...”
“Malato?” Ripetè l'oste. “Ed è grave?”
Umans però non rispose e raggiunse Guisgard al suo tavolo.
“Perchè mi avete portato via dal castello?” Domandò il cavaliere.
“Forse per non vedervi morto, messere.” Rispose Umans. “Meglio per voi andare via da questa città. E dimenticarvi di tutto e tutti.”
In quel momento un menestrello iniziò a strimpellare la sua lira.
“Miei signori...” disse “... per un piatto caldo vi ripagherò con qualcosa di straordinario... una storia... ma non una storia qualunque...”
“Avanti, menestrello!” Fece Umans. “Vediamo se sai davvero meritartelo quel piatto caldo!”
Il menestrello annuì e cominciò a suonare il suo strumento...
Il cielo.
Immenso, indefinito, imperscrutabile.
Attraversato da inquiete e smisurate nuvole, rese bianchissime e luminose dai vigorosi raggi del Sole che scolpivano sul loro manto contorni da sogno, quel cielo copriva l’inquieta terra tra la lussureggiante tundra di Taburingia e le grandi città del lontano Nord.
Alberi secolari e colline dalle forme incantate e primordiali rendevano spettrale ed immutabile quel remoto scenario.
Sareste riusciti a percorrere miglia e miglia senza incontrare nessuno e a fantasticare sulle misteriose presenze che, secondo leggende e tradizioni ormai dimenticate, abitavano quei luoghi inospitali e sperduti.
La strada, qualsiasi direzione si fosse scelta, mostrava sempre lo stesso desolante scenario.
L’unica fortuna, l'unica speranza per i viaggiatori di quei meandri maledetti era quella di imbattersi in uno di quei dimenticati villaggi che sorgevano dove le condizioni di vita apparivano più sopportabili.
Questi erano gli unici posti in cui la civiltà sembrava aver toccato quei luoghi e dove potevano trovarsi scorte e viveri per proseguire la risalita verso il mondo conosciuto.
E fu per questo motivo che quella mattina, al villaggio fortificato di Caias gli abitanti del posto videro giungere tre cavalieri pesantemente armati.
Veloci e silenziosi come avvoltoi che hanno fiutato la loro preda, arrivarono alle prime luci dell’alba, forse nascosti tra la foschia che la notte appena trascorsa aveva lasciato in quella landa.
Ebbero facilmente la meglio sulla debole squadriglia di mercenari che difendeva svogliatamente il villaggio, che serviva come tappa verso l'entroterra più profondo e raccolsero tutto ciò che era possibile trasportare.
Ma mentre stavano per andar via, emerse dal silenzio l’ultimo soldato della squadriglia.
“Prendete ciò che vi occorre e andatevene da qui!” Disse il sopravvissuto. “Siete feccia... e qui non ne vogliamo di gente come voi!”
“Non scaldarti troppo, amico!” Rispose uno dei tre. “Del resto non sono morte donne, né bambini! Quanto ai tuoi uomini, beh, avresti dovuto addestrarli meglio!” E rise di gusto, seguito dai suoi due compagni.
“Maledetti!” Ringhiò il superstite. “ Io, capitano Karlyon, giuro che vi darò la caccia fino in capo al mondo!”
“Karylon?” Ripetè colui che sembrava essere il capo dei tre criminali. “Pyt Karylon? Il famoso mercenario? Quelli che molti definiscono la spada più abile della Taburingia?”
“Se conoscete la mia fama” rispose Karylon “allora saprete che vi darò la caccia fino all’Inferno!”
“Non c’è bisogno di attendere tanto!” Disse il capo dei tre. “Raccogliete la spada di uno dei vostri compagni morti. Vi do la possibilità di vendicarli.”
“Non farlo, Feudis!” Gridò uno dei tre al suo capo. “Abbiamo ciò che ci occorre! E’ inutile perdere tempo con queste sfide!”
“Tranquillo, sarà questione di un momento!” Rispose Feudis. “Avanti, raccogliete quell’arma” gridò poi al suo avversario “e dimostrate di essere degno della vostra fama!”
Karylon raccolse la spada appartenuta ad uno dei suoi e si mise in posizione di scontro.
Un attimo dopo i due contendenti cominciarono a studiarsi come due bestie feroci che si contendono il controllo del territorio.
All’improvviso entrambi e con la medesima velocità cominciarono a vomitarsi addosso una pioggia di colpi avvolti dal bagliore e dal tintinnio delle loro spade.
Feudis però era abilissimo, scaltro e veloce. Colpì al busto il suo avversario, facendolo cadere al suolo.
Si fiondò poi verso di lui e un attimo dopo Karylon si accasciò su stesso.
“Non era poi così forte!” Gridò compiaciuto Feudis.
“Era necessaria questa perdita di tempo?” Gli chiese infastidito uno dei suoi.
“Certo che lo era, Duxa!” Rispose Feudis. “Io sono il miglior guerriero del mondo! E chi non è d’accordo dovrà dimostrarlo sul campo!”
Un attimo dopo, i tre criminali cavalcarono via, lasciando nel villaggio una nuvola di polvere ed una scia di morte...

Intanto, nel castello, Talia era ancora al cospetto della duchessa.
“Un posto vale l'altro...” disse la donna “... sono le persone e le sensazioni che sanno trasmetterci a renderli speciali...” fissò dalla finestra “... qui è molto diverso da Capomazda... vi giunsi per via dell'aria pulita dei monti... e poi vidi lei...” mormorò quasi senza accorgersene.