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Vecchio 05-06-2012, 19.56.35   #2312
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
L'avatar di Guisgard
Cavaliere della tavola rotonda
Registrazione: 04-06-2008
Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Guisgard e Talia, giunsero così, poco dopo, davanti al castello.
Lo spiazzo che precedeva l'ingresso era libero e sembrava possibile potersi avvicinare.
“Il portone è semiaperto...” disse Guisgard “... e non vedo nessuno in giro... avviciniamoci...”
Passarono alcuni istanti e nessuno arrivò.
Allora Guisgard, sempre tenendo Talia per mano, si avvicinò alla porta e cominciò a sbirciare attraverso questa.
“Vedo un grande cortile...” mormorò “... fiorito... e poi dei cavalli... ma nessun altro sembra esserci...”
Allora, facendosi coraggio, sospinse la porta ed entrò, sempre con Talia per mano.
Il cortile era spazioso ed alternava arcate con pilastri, a scuderie, fabbriche e posti per il cambio della guardia.
Il camminamento di ronda era merlato e due alte torri congiungevano le mura del maniero, rafforzate ed abbellite da contrafforti e barbacani.
I due passeggiavano tra le ombre delle torri che si allungavano sempre di più, mentre la luce del tardo meriggio disegnava surreali e sognanti riflessi sulle bandiere e sugli stendardi che si agitavano al vento.
Ad un tratto giunsero davanti ad un androne che dava su una vasta scalinata interna.
La curiosità in Guisgard fu molto forte e il cavaliere cominciò a salire quelle scale.
Non diceva nulla a Talia, limitandosi a stringerle la mano.
“E' bellissimo qui, Talia...” sussurrò all'improvviso “... si, bellissimo...”
Alla fine si ritrovarono su un largo balcone che dava sulla corte interna.

Le verdi colline di Sygma sembravano disseminarsi su un paesaggio infinito, tappezzato da faggi, olmi, cipressi, da ampie distese di girasoli che parevano seguire il cammino del Sole e lussureggianti vigneti che come un manto animavano, resi vivi dal vento che quasi continuo soffia su quei luoghi, quello scenario.
Di tanto in tanto, come voluti da un immaginario pittore, spuntavano in lontananza isolate sagome di casali, castelli o chiese che parevano così rompere l'incantata atmosfera di cui erano intrise quelle terre.
Non di rado un viaggiatore poteva imbattersi in una cappellina o piccola cripta ai margini di una stradina o nel punto in cui una via diveniva sentiero e finiva per serpeggiare nei meandri sconfinati di quelle contrade.
E una di queste, dedicata a San Michele e che riproduceva l'immagine della cupola della sontuosa cattedrale della capitale sygmese, dominava una piccola collina sferzata dal sognante Sole pomeridiano.
“Qui sorgeva la città fantasma...” disse Chymela “... proprio qui, dove ora si trova la cappella all'Arcangelo Michele... ed è tutto ciò che resta della città di Altafonte...”
La principessa stava seduta nell'erba, all'ombra di un alto albero e con lei vi era Andros, intento a giocare con i capelli di lei attraversati dai riflessi del Sole.
“Volle sfidare il potere della capitale” continuò la principessa “e per questo fu rasa al suolo... da allora domina, su queste terre, il divieto di costruire, con la sola eccezione della Cappella di San Michele.”
“Allora dobbiamo ascoltare il vento?” Sorridendo Andros.
“Perchè mai?”
“Perchè si dice” spiegò Andros “che il vento porti con sé il lamento delle anime inquiete...”
“Si, forse bisognerebbe ascoltare quando si arriva in questo luogo... non è un privilegio concesso a tutti...”
“Sento già di amare questo luogo.” Disse il taddeide. “Così bello, sognante ed intriso di antiche leggende. Mi sento come quegli eroi dei poemi antichi, in balia della sorte, contro tutto e tutti e pronti a riscattarsi davanti al mondo, magari ritornando a casa e ritrovando la donna amata.”
Chymela sorrise.
“Vi è anche un'altra leggenda...” sussurrò poi lei “... una leggenda dimenticata forse anche dal vento...”
“Il vento non dimentica mai nulla...” mormorò Andros “... di quale leggenda parli?”
“Prima di essere distrutta” disse Chymela “gli abitanti di Altafonte riuscirono a portare fuori dalle mura della città tutto ciò che di prezioso era conservato in essa... e nascosero quell'inestimabile tesoro proprio qui intorno, almeno stando a quella leggenda...”
“Davvero?” Con un sorriso lui. “Anche un tesoro? Allora questo luogo è davvero perfetto per me!”
“Ah, si?” Voltandosi lei. “E perchè mai, mio signore?”
“Beh...” tornando a giocare con i capelli di lei lui “... c'è San Michele... il mito di una città fantasma... ed il suo inestimabile tesoro nascosto chissà dove... forse, chissà, proprio sotto dove siamo seduti noi ora...” rise.
“Io credo che questo luogo sia magico.” Fissando la cappella Chymela.
“Si, è come il cuore...”
“Il cuore?” Ripeté lei.
“Si...” annuì lui “... questo luogo conosce tante cose, ha visto ed udito la gioia di molte persone, fino al loro dramma e alla disfatta di un mondo... è battuto dal vento che gli rammenta di quella storia e nel suo ventre forse racchiude davvero quel tesoro perduto... si, questa terra è come il cuore...”
“Perchè il cuore?”
“Perchè il cuore” rispose Andros “proprio come questa terra è custode di tante cose... conosce la nostra gioia, la nostra paura, i nostri desideri e tutti i nostri sogni... e proprio come questa terra, il cuore può custodire un tesoro inestimabile...”
“Quale?”
“Ciò che proviamo...” sussurrò Andros “... i nostri sentimenti, il nostro amore...”
Lei si voltò e lo guardò senza dire nulla.
Lui allora la baciò con passione.
“Principe...” mormorò all'improvviso qualcuno.
Era un mercante di colore.
“Principe, acquista qualcosa.” Fece il mercante. “Qualcosa di bello per la tua principessa.”
“Non sai che non si deve interrompere un bacio?” Fissandolo Andros. “Ora dovrò baciare da capo questa bellissima principessa... oppure tornerà subito ad essere una rana.”
“Che scemo!” Ridendo Chymela.
“Per questo ho parlato adesso, principe.” Sorridendo il mercante. “Perchè tu sei felice e non mi sgriderai. E perchè così, forse, comprerai qualcosa.”
“Sei furbo, amico mio!” Esclamò Andros. “Su, vediamo cos'hai di interessante... vedi qualcosa che ti piace, bella principessa?”
“Non saprei, mio signore.”
“Questa!” Esclamò Andros. “Sembra la lampada delle favole! Da piccolo ho sempre sognato una così per giocarci!”
“Ti piacevano le lampade?” Domandò Chymela.
“Non le normali lampade.” Rispose Andros. “Ma una come questa.”
“Cos'ha questa di speciale?”
“Somiglia a quella di Aladino...” prendendo la lampada Andros “... conosci quella favola?” Fissando Chymela.
“Si...” sussurrò lei “... ma voglio sentirla raccontata da te...”
“Tutto comincia in una grotta piena zeppa di oro e gioielli...” disse lui “... piena di meraviglie e di oggetti preziosi... proprio come questa terra...”
Chymela lo ascoltava come rapita.
“Ma Aladino fu attratto solo da un oggetto...” continuò lui “... un oggetto magico, capace di realizzare qualsiasi desiderio...”
“Barattò tutto per una semplice lampada...” sorridendo Chymela.
“Si...” annuendo Andros “... poiché quella lampada custodiva qualcosa di meraviglioso... come i sogni...”
“E cosa fece con quella lampada?”
“Oh, realizzò i suoi desideri più sfrenati!” Esclamò lui. “Divenne un potente principe, amato, temuto e rispettato. Solo una cosa gli mancava per essere felice...”
“Cosa?”
“Una bellissima principessa...” sorridendo lui “... una principessa che aveva visto una mattina mentre attraversava il bazar... lui era ancora un povero ragazzo e lei, con un solo sguardo, gli rubò cuore e anima... allora, chiese al genio della lampada di farsi condurre da lei, davanti al suo palazzo... era una serata stella, con una meravigliosa Luna piena... strofinò la lampada e per magia il genio lo trasportò fino al palazzo reale... e lui fece poi svanire il genio...”
“Perchè?” Chiese lei.
“Perchè non aveva bisogno della magia per conquistarla.” Fissandola Andros. “No, non occorreva il potere della lampada per arrivare al suo cuore... certo, il genio gli aveva donato ogni ricchezza, ma il cuore della sua principessa era già intriso di magia e solo l'amore poteva conquistarlo... allora Aladino prese con sé la principessa e la condusse, col suo tappeto magico, oltre i palazzi e le torri della meravigliosa Bagdad... al di sopra delle nuvole rese argentate dalla Luna, volando tra il cielo chiaro di stelle ed il mare infinito, fino a raggiungere le bianche dune del deserto, tra miraggi millenari e oasi sgorganti di fresche acque trasparenti... e qui le sussurrò eterne parole d'amore, capaci di fermare il tempo e scandire, con il loro magico suono, ogni attimo della vita... e alla fine di quella magica notte, Aladino salutò così la sua amata... con queste parole... stanotte, amore mio, ti ho riscattata dall'amore di ogni tuo caro... perchè nessun altro, da ora in poi, potrà, saprà e vorrà amarti come ti amo io...”
Chymela sospirò e fissò il suo Andros con i suoi occhi luminosi.
“Oh, Andros...”
Ma in quel momento uscì la balia di lei dalla Cappella di San Michele.
“Milady, dove siete?” Chiamò la donna guardandosi intorno.
“E' l'ora, devo andare...” disse Chymela ad Andros.
Egli non rispose nulla, limitandosi a sorridere malinconicamente.
“Ma presto ci rivedremo...” sussurrò lei.
“Quando?”
“Lunedì, mio signore...”
Lei allora, portandosi una mano sulle labbra, gli mandò un dolce bacio e poi corse via, lasciando Andros a fissarla con in mano ancora la lampada di quel mercante.
“Principe...” fece questi “... comprerai qualcosa? Vuoi questa lampada?”
“Dimmi che è magica e ti crederò...” disse Andros “... dimmelo e ci crederò davvero... e la strofinerò, per chiedere che sia ogni giorno Lunedì... per sempre...”

"Chi siete voi?" Disse una voce, sorprendendo i due sul balcone. "Come siete entrati? C'è la morte per chi entra nel castello senza il consenso di lady Vicenzia!"
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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