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Vecchio 01-06-2012, 18.56.51   #2259
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
L'avatar di Guisgard
Cavaliere della tavola rotonda
Registrazione: 04-06-2008
Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Il vecchio fece entrare Guisgard e Talia e pregò loro di accomodarsi su una panca in noce che lui stesso aveva costruito.
La grotta, infatti, era arredata con vari mobili, tutti fatti dal vecchio.
“Bene...” disse “... sono lieto di avervi miei ospiti. Sono sempre da solo.”
“Il mio nome è Guisgard” fece il cavaliere “e lei è Talia. Possiamo conoscere il vostro nome?”
“il mio nome?” Ripeté il vecchio. Oh, il mio nome ormai è taciuto da troppo tempo... ed anche io lo rammento a stento... solitamente sogno di notte e al mio risveglio ho ancora l'illusione di essere il protagonista di quei sogni... forse sono Alessandro di Macedonia, o forse Giulio Cesare... chi può dirlo!” E rise.
“Perchè vivete qui da solo?”
“Sono originario dell'Afraghingia” rispose “e sin da giovane ho nutrito il desiderio di sapere cose fosse nascosto nel mondo.”
“Ecco perchè quei ladri dicevano che eravate un cacciatore di tesori!”
“Eh, la stoltezza umana è pari solo all'avidità!” Ridendo il vecchio. “Tesori? Io chiamerei invece quelle cose con altro nome... meraviglie! Si, scoprire da dove provenisse l'acqua delle sorgenti, da dove sorgessero i fumi bollenti dalle viscere della terra e dove si formassero l'oro, l'argento e le altre pietre preziose. Ho così cominciato a vagare prima sui mari, poi tra boschi, colline e monti. In principio mi imbarcai su una nave che batteva bandiera Veneziana... alla nostra partenza, il cappellano di bordo recitò la Santa Messa e invocò su noi tutti la Divina Benedizione. Mai avevo pregato con tanto fervore prima d'ora. I miei nuovi compagni mi apparivano come eroi di un mondo sconosciuto, in balia di incredibili pericoli, ma protetti da una formidabile Fortuna. Il mare... sembra il custode dei più grandi tesori...”

Con i bastioni rivolti verso Occidente, a cento passi dalla fortezza marina aragonese, si estendeva un piccolo molo sottoposto al frizzante vento che soffiava dalle isole e agli screziati riverberi che il caldo Sole del Sud faceva tintinnare, come dobloni d'oro portati a riva dalla marea, su quella sterminata e sognante distesa blu.
Nel molo erano lasciate a galleggiare alcune imbarcazioni di pescatori, sospinte dalla dolce corrente del mare, dai colori un tempo vivaci e oggi sbiaditi e seccati dalla salsedine.
Il maestro aveva raccomandato a suo figlio di non muoversi ed attendere il suo ritorno.
Il ragazzino, dagli occhi vispi e azzurri come quel mare sferzato dal Sole, era allora rimasto su uno degli attracchi ai quali venivano legate le imbarcazioni, con lo sguardo rivolto verso il mare e l'immaginazione, dello stesso colore dei suoi occhi, già salpata dietro le scie lasciate dalle varie navi che avevano abbandonato il porto da quando era giunto con suo padre.
Poi, quasi senza che lui se ne accorgesse, la sua attenzione fu rapita da una barca capovolta, sulla quale un marinaio stava apportando dei lavori.
“Le donne sono come il mare.” Disse all'improvviso il marinaio, senza però voltarsi verso il ragazzo. “Basta guardarle per sognare e hanno sempre mille occhi languidi che le seguono.”
Guisgard restò incuriosito.
“Sei stupito, ragazzo?”
“Parlate a me, signore?” Domandò Guisgard.
“Sicuro.” Rispose il marinaio. “Vedi altri qui oltre noi due?”
Guisgard sorrise.
“Allora, sei d'accordo?”
“Su cosa, signore?”
“Sui sogni.”
“Quali sogni, signore?”
“Quelli che facciamo quando guardiamo le donne.”
Guisgard sorrise nuovamente.
“Si, sono come il mare le donne.” Continuò il marinaio, sempre lavorando alla sua barca. “Guardi il mare e subito immagini isole lontane, raggiungibili attraverso rotte mai battute, racchiuse nello scintillio di stelle sconosciute, perdute nella foschia che rende incantato l'orizzonte. E su quelle isole cominci ad immaginare di trovarci inestimabili tesori.” Alzò gli occhi e fissò il mare. “Non conta il colore dei suoi occhi, poiché c'è sempre qualcosa di tinto del medesimo pigmento.” Si voltò allora verso Guisgard. “E la tua? La tua di che colore ha gli suoi occhi?”
“Io, veramente...”
“Non c'è una ragazzina che ti fa girare la testa?” Domandò il marinaio. “O che ti faccia battere il cuore?”
Guisgard sorrise.
“Guarda il mare, il cielo e la costa tutt'intorno...” asciugandosi il sudore il marinaio “... se tutto questo spettacolo, improvvisamente, si ferma e muta colore e riflessi, allora sei innamorato.”
Guisgard lo ascoltava come rapito.
“Non mi credi?”
“Non saprei, signore.”
“Avanti, guarda...” indicando il panorama davanti a loro il marinaio “... guarda e conta fino a dieci... poi chiudi gli occhi.”
Guisgard fece come gli aveva detto.
“Ora riaprili” disse il marinaio “e dimmi cosa vedi.”
Guisgard aprì gli occhi e restò abbagliato dalla luce del Sole che sembrava riflettersi tutt'intorno e scintillare in infiniti bagliori dagli straordinari giochi cromatici.
Poi, pian piano, forme e immagini cominciarono ad apparirgli, mano mano che la vista si riabituava a quella luminosità.
Allora la grande scogliera di corallo, sulla quale giungevano a schiantarsi le spumose onde del mare, si mostrò come un luogo d'altri tempi, con torri d'avvistamento ed un grande faro bianco che illuminava l'accesso alla baia.
Navi variopinte, in balia dei venti, attraversavano le acque, ciascuna battendo bandiere di paesi esotici e misteriosi.
Il borgo pullulava di case piccole e bianche, tra le quali serpeggiavano viuzze strette ed intricate, simili ad un labirinto adoperato per difendere gli abitanti dai predoni e dai pirati.
Il ragazzo, così, sognò di salire su una di quelle navi e partire alla volta di luoghi lontani, inaccessibili, noti solo grazie a miti e leggende.
“E'...” mormorò “... è meraviglioso...”
“Ed ora dimmi...” disse il marinaio “... con chi vorresti viaggiare? Con chi vorresti vedere e conoscere queste meraviglie?”
Guisgard sorrise.
“Si narra” fece il marinaio “che oltre i mari vi sono delle isole fantastiche... tanti le hanno cercate...”
“Quali isole?”
“Sono le Isole Felici...” disse il marinaio “... laggiù vivono orsi bianchi, uccelli dal raro piumaggio, unicorni e cavalli alati, piante e fiori che non appassiscono... nel cielo prendono forma incredibili meraviglie, come aurore boreali e giorni e notti lunghe quasi quanto un anno... il Sole allora arriva a splendere anche a mezzanotte e le stelle cadenti piovono nell'oscurità, dispensando desideri e sogni... e in quelle isole nessuno invecchia mai e non vi è giorno senza felicità e gioia...”
“Un giorno le vedrò!” Esclamò Guisgard.
Il marinaio rise.
“Sicuro, amico mio!” Disse. “Anche io vorrei vederle! Per questo ho aggiustato la mia barca!”
“Ha un nome la vostra barca, signore?”
Il marinaio annuì e mostrò a Guisgard l'altro lato della barca.
“Consiglia...” lesse il ragazzo “... è la vostra bella?”
“Si.” Sorridendo il marinaio. “E un giorno, quando avrai una barca tutta tua, anche tu potrai dare a quella il nome della tua amata.”
“Si, sarebbe bellissimo!”
“Davvero?”
“Si, signore!”
“Aspetta, allora...” e cercò qualcosa nella sua barca “... ecco...” prendendo una barchetta di legno “... questa l'ho fatta io... è legno di sandalo, forte e compatto, l'ideale per navigare...”
“E' molto bella!” Disse Guisgard.
“Allora è tua!” Ridendo il marinaio. “Avanti, dimmi il nome.” Prendendo un pennellino.
“Quale nome?”
“Il nome della ragazzina che condurrai un giorno alle Isole Felici.”
Guisgard sorrise.
“Su, non essere timido.” Fece il marinaio. “Nessuno ci può sentire, siamo solo io e te. Anzi, scrivilo tu.” Dandogli la barchetta e il pennellino.
Guisgard allora scrisse quel nome sulla barchetta e quando la vernice fu seccata, il marinaio mise in acqua la barchetta.
“Dove andrà ora, signore?” Domandò Guisgard mentre le onde portavano via la barchetta.
“Lo sa il mare.” Rispose il marinaio. “Ma un giorno la rivedrai...”
“Davvero?” Fissandolo Guisgard. “E quando?”
“Quando troverai le Isole Felici...” disse il marinaio “... quella barchetta ti attenderà là...”
Il maestro tornò in quel momento e chiamò Guisgard per far ritorno a casa.
“Arrivederci, signore!” Salutò il ragazzo. “E grazie di tutto!”
“Buona fortuna, Sinuhe!”
“Chi sarebbe?”
“Un avventuriero e sognatore dell'antico Egitto.” Rispose il marinaio. “E ti affido alla sua stessa stella, amico mio.”
Tornato col maestro al Casale, Guisgard andò subito in cerca di Talia.
Raccontò così alla ragazza del marinaio e di ciò che avevano fatto.
“E...” mormorò “... ti sembrerà sciocco, ma ho scritto un nome su quella barchetta...”
“Davvero?” Fissandolo Talia.
Lui annuì.
“Talia, apparecchiamo?” Entrando uno dei fratelli.
“Si, ormai è pronta la cena.” Rispose lei. “Ho cucinato il pesce che avete portato tu e il maestro.” Rivolgendosi poi a Guisgard.
Lui non disse nulla.
“Ah, mi stavi dicendo qualcosa...”
“No, era solo una sciocchezza.”
“Dai, ti prego...” fece lei “... cosa mi stavi dicendo?”
“Nulla, una sciocchezza.”
“Se ripeti di nuovo la parola sciocchezza...”
In quel momento il maestro chiamò per farli andare a cenare.
“Andiamo, ci stanno aspettando...” disse Guisgard, per poi uscire e raggiungere gli altri a tavola.

“E trovaste davvero un tesoro?” Domandò Guisgard, destando, con la sua voce, Talia da quel ricordo lontano.
“Lo cercai per mare” rispose il vecchio “e poi decisi di vagare sulla terraferma, tra grotte e miniere abbandonate, chiese e castelli diroccati... fino a ritrovarmi qui... in questa grotta...”
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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