XXIII Quadro: Destefya e Vigilyo
“E se intendi lasciarmi, non aspettare alla fine
quando altri dolori mi avranno fiaccato;
vieni subito all'assalto: sì ch'io assapori
sin dal principio il colpo gobbo della fortuna.
E gli altri guai che mi affliggono,
paragonati alla tua perdita, mi parranno inezie.”
(William Shakespeare, Sonetto n° 90)
Reas fissava il cielo da quella piccola finestra.
Le stelle scintillavano sulla sterminata selva e solo a stento si riconoscevano bagliori lontani, forse castelli o casolari accesi sui monti distanti, unici baluardi di una civiltà che sembrava solo un miraggio in quella lussureggiante e selvaggia massa primordiale che li avvolgeva.
“Ella era ancora una giovane principessa...” disse Reas senza voltarsi verso Elisabeth “... unica figlia di re Oliui e di sua moglie Agelyna, sovrani di Tylesia, quando giunse a corte un soldato di ventura... la principessa passava intere giornate a passeggiare nel giardino del palazzo... e lì, si narra, i due si incontrarono per la prima volta...” esitò “... si amarono con passione ed in segreto... poi, decisero di rivelare a tutti il loro grande amore... ma il re non volle acconsentire... c'era una guerra in atto contro alcuni ribelli e il soldato di ventura decise comunque di lottare per Tylesia... finita vittoriosamente la guerra, di nuovo la principessa ed il suo amato comparirono davanti al re, ma ancora una volta egli osteggiò quel rapporto... un soldato di ventura non può sposare una principessa, si disse... ella, allora, decise di obbedire a suo padre e rispettare il suo ruolo... il soldato, così, deluso, decise di lasciare Tylesia e sparire per sempre... ma la principessa Destefya amaramente fece pagare il suo dolore... giurò di non sposarsi mai e di non amare nessun altro... anzi, conscia che l'amore è solo dolore, impose il banno assoluto di quel sentimento da Tylesia... e da quel giorno il giardino del palazzo venne chiuso per sempre...”
E nel buio della selva, inquiete ombre atteraversarono il suo silenzio, per poi perdersi nell'eco della notte.