Sheylon tradì nervosismo per quelle parole di Talia.
Da un lato gli ordini di Guisgard, dall'altro ciò che aveva detto la ragazza.
L'istinto della tigre aveva ben compreso il pericolo che incombeva su tutti loro.
Ma forse era davvero Guisgard quello che rischiava di più in quella situazione.
Sheylon allora restò a fissare Talia e Luthien che galoppavano via, fino a svanire nella selva e nei suoi misteri.
Poi, voltatosi dall'altra parte, ritornò verso la grotta dell'eremita.
Talia, così, continuò da sola la sua fuga.
La ragazza esortava Luthien a divorare la strada, affinché si allontanassero sempre di più dal raggio d'azione di quei cavalieri.
E mille e più pensieri si accavallavano nella sua mente.
L'ansia di essere inseguita e l'oppressione di essere raggiunta si univano all'angoscia per la sorte di Guisgard.
Seguendo il corso del Relagio, guardando sempre fissa l'ansa più settentrionale del fiume, la grande facciata con vetrata del Casale degli Aceri scintillava degli innumerevoli riverberi che il Sole calante generava sul bosco, simile ad una sottile e variegata pioggia fatta di schegge cromate e saettanti e ambrati bagliori.
Chiazze screziate illuminavano qua e la quella lussureggiate macchia formata da tutte le infinite tonalità che il verde sa assumere, mischiandosi al giallino, al rosato ed al turchese che animavano, come vivaci pennellate, la rigogliosa vegetazione.
In uno spiazzo irregolare, proprio all'ombra dell'imponente Casale, vi era una sorta di pianoro recintato, che nella Longobardia era uso chiamare giardino.
In quello steccato erano lasciati a vegetare e a fiorire salici piangenti, viti, ulivi, palme e qualche fico le cui foglie apparivano indorate dal caldo Sole del Sud.
Tra essi, al riparo ora dalla calura, ora dal vento, asseconda della stagione, c'erano un cavaliere ed una fanciulla.
Lei stava a terra, con la schiena contro un tronco e le ginocchia piegate sul petto.
“Io...” mormorò Talia “... io non voglio più dormire...”
“Non essere sciocca, Talia.” Disse il maestro.
“Si, non voglio più...” con lo sguardo basso la ragazza “... così non sognerò neanche più...”
“Hai fatto di nuovo uno di quei brutti sogni?”
Lei annuì.
“Stanno diventando frequenti...” mormorò il maestro “... non ne hai mai avuti così tanti...”
Talia mise il volto sulle ginocchia.
“Raccontami cosa hai sognato stanotte...”
“E' sempre lo stesso sogno fatto negli ultimi tre giorni...” fece Talia “... sempre lo stesso... ed a tratti appare così reale...”
“Raccontamelo...”
“Io ero sola...” sussurrò la ragazza “... e ad un tratto comparivano delle figure a me sconosciute... avevano lunghi mantelli e i volti celati da cappucci... ma poi, avvicinandosi a me, riuscivo a scorgerne le fattezze... erano dei cavalieri...”
“E cosa facevano nel sogno?” Domandò il maestro.
“Mi volevano portare via...” rispose Talia “... non so dove, so solo che era un posto lontano e sconosciuto...”
“E come terminava il sogno?”
Talia sentì un brivido attraversarle ogni parte del corpo.
“Mi...” a voce bassa “... mi portavano via...”
Il maestro allora abbracciò la ragazza e cercò di confortarla.
“E' solo un sogno.”
“Tu dici che i miei sogni sono particolari, maestro...”
“Si, ma non tutti.”
“E questi?”
“Ora non pensarci.” Accarezzandola il cavaliere. “Vedrai che svaniranno e tornerai a sognare cose belle... ora non restare qui da sola... su, raggiungi gli altri tuoi fratelli e non abbandonarti più a questi tristi pensieri.”
La ragazza però chiese di poter restare ancora un po' da sola in quel luogo.
Poco dopo, venne a cercarla Guisgard.
“Ehi, sei qui.” Avvicinandosi lui. “Ti ho cercata per tutto il Casale...”
Lei non disse nulla.
“Sai, sono stato nella biblioteca del maestro...” sorridendo lui “... ho verniciato il portone e lucidato i cardini, così lui mi ha permesso di prendere qualche libro... ne ho trovati alcuni davvero belli...”
“Ti prego, Guisgard...” scuotendo il capo lei.
“Cos'hai?” Chiese lui. “Non ti piacciono più le storie di eroi e grandi guerrieri?” Sorridendo.
“Per favore, lasciami stare!” Voltandosi di scatto lei.
Lui restò a fissarla.
“Anzi, ora vado...”
“Va bene...” mormorò lui “... volevo leggerti qualcuna di queste storie...”
“La vita non è come le novelle o come i romanzi cavallereschi!” Alzando la voce lei. “E qualche volta si sente il bisogno di restare da soli!”
E corse via.
Passò così l'intera mattinata e poi il pomeriggio.
Poco prima della sera, Talia tornò nel giardino recintato e vi trovò ancora Guisgard a leggere i suoi libri.
“Sei occupato, milord?” Avvicinandosi lei.
“Affatto...”
“Ancora impegnato con i tuoi libri?”
“Si...”
Talia allora si sedette accanto a lui.
“Volevo scusarmi per oggi...”
“Non c'è motivo.” Disse Lui.
“Si, invece...” a capo chino Talia “... sono stata scortese ed intrattabile...”
“Non importa.”
“Cosa posso fare per farmi perdonare?”
“Non parliamone più.” E si alzò per andare via.
“Guisgard...” lo chiamò lei “... non lasciarmi anche tu da sola...”
Lui si fermò.
“Ti prego...” alzandosi anche lei e andando vicino a lui “... certe volte mi sento così sola...”
“Sola?” Fissandola lui. “Non lo sei mai.”
“Allora non andare via...” con gli occhi lucidi lei.
“Cos'hai?”
“Oh, Guisgard...” piangendo lei “... sono tre giorni che un brutto sogno... un brutto e realistico sogno mi perseguita... sogno dei cavalieri che mi portano via...”
“Hai raccontato tutto al maestro?”
“Non tutto...”
“Cosa vuoi dire?”
“Gli ho raccontato di essere sola in quel sogno...” guardandolo lei “... ma non è vero... nel sogno ci sei tu... e loro... loro... oh, Guisgard... loro ti... è terribile, non voglio più dormire per non sognare!” E si strinse forte a lui.
“Sciocchina...” accarezzandola lui “... è solo un sogno...”
“Non capisci...” in lacrime lei “... i miei sogni non sono sogni comuni... ed io...”
“Ora calmati...” sussurrò lui, sfiorandole con un dito le labbra “... nessuno verrà a portarti via... ti difenderò io...”
“E nei miei sogni?” Agitata lei. “Verrai a difendermi anche li? Come farai?”
Allora lui prese uno di quei libri e le mostrò un'illustrazione.
“E' un antico poema vedico, scritto in India secoli fa...” disse lui “... parla di un eroe, Gardshaninag e della sua amata Avidah... lei è perseguitata da un demone che tormenta la sua famiglia da generazioni e lui allora una notte si nasconde nella sua stanza per aspettare il demone... lo affronta e lo sconfigge, liberando la sua amata per poi poterla sposare.”
“E ti nasconderai anche tu per sfidare i miei incubi?”
“Si, se servirà...” sorridendo lui “... resterò ad aspettare che tu dorma... resterò nel cortile, sotto la tua finestra... e scaccerò via ogni brutto sogno col suono della mia ocarina, per poi augurati una buonanotte speciale... vedrai che non farai più brutti sogni...”
Lei sorrise e lo sguardo di lui scacciò via le inquietudini di quel momento.
Giunse la notte ed il Casale si addormentò.
Ma Talia nel suo letto era sveglia, in balia di quelle paure che erano tornate a farsi vive.
L'ansia e l'irrequietezza presero il sopravvento in lei.
Ma proprio in quel momento una lenta musica si diffuse nell'aria.
Corse alla finestra e vide l'ombra di Guisgard che suonava la sua ocarina nel pallido e sognante alone lunare.
Il ragazzo alzò allora gli occhi verso la finestra e sorrise nel vedere Talia.
“Nel linguaggio orientale dei fiori” sussurrò lui “il loto è il fiore che custodisce i sogni e nel quale sono racchiusi quelli più belli e destinati ad essere eterni ... sogna, Talia... sogna tutto ciò che più desideri... e vedrai che nessuno dei tuoi sogni sfiorirà mai... e come ho colto questo loto per te, domattina andrò in cerca dei tuoi sogni, per coglierli tutti e custodirli nel nostro giardino, dove non appassiranno mai...”
“Grazie...” sorridendogli Talia.
“Non dirmi mai grazie...” fece lui.
Ma proprio in quel momento si udirono dei passi.
Un attimo dopo, nel cortile apparvero il maestro e Fyellon.
“Sei certo di aver udito delle voci?”
“Si, maestro.” Annuì Fyellon.
I due si guardarono intorno, ma non vi era nessuno nel cortile.
“E ho sentito anche una musica...” continuò il giovane apprendista “... era l'ocarina di Guisgard...”
Il maestro lo fissò.
“Andiamo nella sua stanza” disse Fyellon “sono certo che non lo troveremo a dormire...”
“E' tardi.” Sentenziò il maestro. “Sveglieremo anche gli altri tuoi fratelli. Ti sarai sbagliato... torniamo a dormire...”
Ed andarono via.
Allora Talia scese nel cortile, preoccupata, a cercare Guisgard.
Ma vi era solo l'incantata pallidezza della Luna.
Tornò allora nella sua stanza e prima di coricarsi guardò ancora dalla finestra.
Qui si accorse che c'era qualcosa tra le sue amate piante.
Un bellissimo fiore di loto.
Lei lo raccolse, per poi adagiarlo accanto al letto.
Quella notte Talia non sognò più i cavalieri che volevano portarla via.
Sognò invece di un borgo arroccato su uno strapiombo, che guardava un mare sconfinato sotto un cielo scintillante di indescrivibili stelle.
Dal porto sottostante un veliero attendeva solo lei per salpare verso isole e terre sconosciute, mai visitate da nessuno, seguendo la rotta disegnata dalla Luna con la sua scia sulle acque.
E su quel veliero trovò Guisgard pronto a narrarle infinite avventure, nelle quali lei sola sarebbe stata l'unica eroina.
Per sempre.
Quel lontano ricordo sembrò raggiungere Talia, attraversandole il cuore e l'anima, a cavallo del vento.
Ad un tratto Luthien diminuì la sua andatura, fino a fermarsi del tutto.
Talia allora cominciò a sentire dei rumori, accompagnati da musica e canti.
Anche non potendo vedere, la ragazza comprese di essere giunta in un centro abitato.
Poi una voce gridò:
“Il campanile brucia che è una meraviglia! Anche quest'anno il nostro Santo Arcangelo sarà lieto per la grande festa in suo onore!”
E tante altre voci inneggiarono in coro al nome di San Michele Arcangelo.