“Si narra” disse l'abile orafo mentre modellava il pendaglio per accogliere quella pietra “che il re, una volta donato il Feudo di Capomazda ai nobili cavalieri Taddei, per annullare ogni tributo feudale, invece di denaro o bestiame chiese come impegno che ogni anno gli venisse donato un animale. E non un animale qualsiasi, ma quello più diffuso nelle campagne di Capomazda, ossia la civetta. E, nel primo anno di vassallaggio, i valorosi Taddei forgiarono una superba civetta, scolpita nella giada purissima e incastonata di gemme preziosissime.”
Andros e Chymela osservavano rapiti quell'orafo e la sua straordinaria abilità.
“E da ciò” continuò l'artigiano “deriva la tradizione che vuole i capomazdesi abilissimi maestri orafi.” Fissò allora il duca e chiese della pietra.
“Eccola, a voi...” porgendola Andros all'orafo.
“E' una pietra molto particolare, milord...” osservandola l'artigiano “... questo rosso scuro che la caratterizza... come ne siete entrato in possesso?”
“Incastonatela nel pendaglio, vi prego...” disse Andros “... voglio che neanche uno dei suoi infiniti bagliori vada perso...”
L'orafo annuì.
“Volete che vi narri della pietra?” Sorridendo Andros.
“Oh, si...” sussurrò Chymela, che era seduta sulle ginocchia del suo amato “... e recita anche quei versi, ti prego...”
“Quali versi, miei signori?”
“La pietra era conservata in un foglio” rispose Andros “e c'erano dei versi scritti su di esso... quelle parole rappresentano forse la storia di questa pietra...”
Chymela sorrise e Andros, prendendo quel foglio da una tasca, cominciò a leggere:
“Nella pietra si cela un segno misterioso,
inciso per sempre nel suo sangue ardente.
Simile ad un cuore allora essa così ci appare,
i cui infiniti bagliori sono simili a perenni battiti
e nella quale riposa il volto di una sconosciuta.
E attorno a quel volto incessanti scintille vagano,
avvolgendolo ondeggia un flusso di rara luminosità.
Nella pietra è racchiusa la fonte del più puro splendore.
E tale valore, dunque, otterrà finalmente il cuore del cuore?”
“Enigmatici versi...” fece l'orafo, per poi mostrare il ciondolo ultimato ai due innamorati “... e come siete entrato in possesso di questa pietra, mio signore?” Domandò poi.
“Talia...” la voce di Guisgard destò la ragazza “... c'è qualcosa che non va... non mi piace questa strana atmosfera...” fissando sempre il Belvedere dalla finestra “... mi sento oppresso qui dentro...” avvicinandosi a lei e prendendola per mano “... usciamo, vieni... poi dopo leggeremo tutto ciò che vorrai di quel libro...”
I due uscirono dalla Sala degli Elleni e di nuovo li accolse quell'innaturale silenzio.
Il palazzo appariva muto e vuoto.
Le finestre del corridoio erano tutte velate dalle tendine, diversamente invece da come erano apparse precedentemente.
Raggiunsero allora il grande salone e con stupore Guisgard vide il focolare spento e chiuso con un pannello di ghisa.
Le candele sulla tavola e sui mobili apparivano invece ancora integre.
“Eppure sono state accese fino a tarda sera...” mormorò Guisgard.
Il cavaliere provò allora a chiamare il vecchio guardiano, ma nessuno rispose.
Portò così Talia fuori, nello spiazzo dal quale si dominava il bellissimo panorama.
“E'...” guardandosi intorno “... è deserto... sembra non esserci più nessuno...” si diressero allora verso la fabbrica senza però trovare nessuno.
Anche le preziose e bellissime stoffe non c'erano più.
Di nuovo Guisgard chiamò il vecchio guardiano, ma a rispondere fu solo l'eco della sua voce.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
Ultima modifica di Guisgard : 20-04-2012 alle ore 02.54.40.
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