“Si, meraviglioso...” sussurrò Reas.
Lui ed Elisabeth erano davanti a quella statua, fissandone le fattezze e la maestria con cui era stata scolpita.
“Io so solo...” fece Reas “... che la regina ha molto sofferto... forse troppo... è questo spaventa dell'amore... la sua forza, il suo essere assoluto e totalmente fuori controllo... non ci si può abbandonare ad una simile forza... una forza che sfugge ad ogni regola della Ragione... la regina ha fatto quest'errore, ma ora sa come difendersi e come difendere il suo popolo da questa innaturale forza che chiamiamo Amore...”
Restò un attimo in silenzio.
“Io non vi giudico...” continuò all'improvviso “... né tento di convincervi a cambiare idea... ma qui tutti sono con la regina... Tylesia è la città perfetta e non vogliamo che vi entri dolore e pianto...” chiuse gli occhi “... tutti noi viviamo, almeno una volta nella vita, un sogno...” mormorò “... quella della regina aveva nome Vigilyo... un sogno mai vissuto fino in fondo... bruciato troppo presto, ma mai consumato veramente... ma chi governa un popolo ha dei doveri... e neanche l'amore può superarli...”
Il crepuscolo avvolse ogni cosa e poi, rapido, fece posto alla sera.
Tylesia si tinse di ombre fitte e luci artificiali e nell'aria si diffuse qualcosa di surreale e sfuggente.
“Meglio rientrare al palazzo...” disse Reas “... ormai questa statua è tutto ciò che resta di quella triste storia...”
E mentre Reas conduceva la maga nel palazzo, Elisabeth, fissando quella statua, sentì una fitta nell'anima.
Come se un silenzioso canto di solitudine e dolore si fosse diffuso nei meandri di quella sera.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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