“Mi parlate spesso di questa Gioia dei Taddei...” disse il Canonico Regolare “... eppure resta così enigmatica ai miei occhi... è forse una malattia?”
“Si, una malattia...” annuì il maestro di corte Aiellus “... ma una malattia dell'anima, come la follia...”
“Di cosa si tratta dunque?”
“Immaginate di vedere qualcosa...” spiegò Aiellus “... di vedere qualcosa in sogno o nella realtà... qualcosa di straordinario, di unico, capace, in un solo istante, di compiere, realizzare e legittimare la vostra intera esistenza, di renderla assoluta e infinita...”
“Una sorta di stato di Grazia...” mormorò il Canonico, esortato a riflettere dalle parole del maestro “... come descrivono quei santoni orientali riguardo ai loro arcaici culti?”
“Non uno stato di Grazia.” Scuotendo il capo Aiellus. “Un simile stato, benché meraviglioso, è temporaneo... ciò di cui parlo, invece, è eterno, come lo sono le cose che non appartengono a questo mondo...”
“Credo di comprendere...” fece il Canonico.
“Lo credete davvero?” Con un sorriso il maestro. “Non credo... neanche io potevo prima...”
“Allora spiegatemi, vi prego...”
“Forse” fissandolo Aiellus “per l'umana natura può essere d'aiuto sostituire i sensi con le immagini... immaginiamo allora di dare una forma a quella cosa vista in sogno o nella realtà... immaginiamo sia un Fiore, per esempio...”
“Perchè proprio un Fiore?” Domandò il Canonico.
“Forse perchè” rispose Aiellus “in quest'epoca nessuno più si cura dei fiori... si ammirano, si... se ne apprezza il profumo, il colore, anche la bellezza... qualcuno tenta anche di dare ad un dato fiore un significato... ma nulla più..”
In quel momento entrò Andros nella sala, interrompendo il loro discorsi.
I due si alzarono e salutarono il duca con un inchino.
“L'ho fatto di nuovo, maestro...” mormorò il giovane Taddeide “... ho di nuovo fatto quel sogno stanotte...”
Guisgard prese in braccio Talia e delicatamente la posò nel suo letto.
Le tolse prima una scarpa, poi l’altra.
Raccolse infine le gambe di lei e lasciò che le morbide e profumate lenzuola del letto avvolgessero il suo corpo.
Talia dormiva e respirava dolcemente.
Aveva le labbra solo appena schiuse e Guisgard restò a fissarla per un attimo che sembrò assomigliare all’eternità.
“Anima mia…” sussurrò lui, accarezzandole il volto “… starai sognando… e Dio solo Sa quanto vorrei essere il re di quei sogni…”
Un attimo dopo uscì dalla stanza e scese nel grande giardino del palazzo.
Fissava il paese sottostante alla cima del colle, mentre le sue luci andavano pian piano a spegnersi, come infinite lucciole che si perdono nella rugiada cromata del mattino nascente.
“Attendete l’alba, mio signore?” Arrivando alle sue spalle il vecchio guardiano.
“No…” sorridendo Guisgard “… mi basterebbe fissare la finestra della stanza di…” esitò “… di mia moglie…”
Il vecchio sorrise e si sedette accanto a lui.
“Si…” fissando anch’egli il cielo “… è molto bella… non mi meraviglio che l’abbiate scelta in moglie, milord…” rise “… ricordo ancora quel giovane Lancillotto che correva per il palazzo dei Taddei, gridando che non si sarebbe mai innamorato!”
Guisgard accennò un sorriso.
“Sapete…” mormorò il cavaliere “… io non credo di essermi innamorato… voglio dire… non ricordo quando mi sono innamorato di lei… so di amarla da quando ho memoria… forse l’ho amata infinite altre volte, in mille e più vite precedenti… non potrei, né saprei fare altro che amarla…” fissò il vecchio “… credete sia pazzo, vero?”
“Si, milord.” Annuì il vecchio. “Totalmente e senza alcun rimedio. Come tutti gli innamorati.” E rise di nuovo.
Poi, ad un tratto, si fece serio.
“Perché siete tornato, mio signore?” Domandò a Guisgard. “Lo state ancora cercando, vero?”
Guisgard lo fissò stupito.
“Mi riferisco al vostro sogno…” continuò il vecchio “… quello che vi ha spinto fino a Sygma… avete più fatto quel sogno, milord?”
Nella sua stanza, intanto, destati i suoi sensi dall’albeggiare, Talia si svegliò.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
Ultima modifica di Guisgard : 27-03-2012 alle ore 17.08.57.
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