Cittadino di Camelot
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Citazione:
Originalmente inviato da Guisgard
“Cosa pensi, Talia?” Domandò Guisgard prendendo la mano di lei. “Il maestro diceva sempre che nulla accade per caso… che c’è sempre una ragione per tutto… forse non siamo giunti per caso in questo luogo…”
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“No, niente accade per caso...” mormorai “Assolutamente niente! E noi troveremo la risposta... la risposta arriva sempre per coloro che sanno attenderla, e per coloro che sanno cercarla...”
Sospirai... ero molto stanca: mi rannicchiai meglio sotto il braccio di Guisgard, dunque, e poggiai la testa contro il suo petto... sì, ero molto molto stanca.
Guisgard riprese a parlare e la sua voce suonava come una melodia alle mie orecchie, la sua voce bassa ed armonica che si confondeva con il crepitare lento del fuoco nel camino...
Fluttuavo in uno spazio indefinito... l’aria era chiara e limpida, e profumava di lavanda... profumava come quelle calde giornate primaverili al Casale, quando la siepe di biancospino era in fiore e gli iris si preparavano a sbocciare...
“Vorrei essere davvero un principe, sai?” mormorò la voce di Guisgard, da qualche parte vicino a me “Perché tu sei davvero una principessa... si, l’ho sempre saputo in fondo al mio cuore... ed io vorrei essere un principe... e non un trovatello... e galoppare e vincere la distanza che separa i sogni dalla realtà... si, un principe come Andros... ma solo se tu sarai Chymela...”
Sorrisi...
I miei fratelli giocavano spesso ai cavalieri, da piccoli... ma solo lui mi permetteva di fare la principessa in quei giochi, solo lui mi permetteva di sognare un futuro diverso da quello che era stato deciso per me...
E poi quel bacio... le mie labbra sfiorarono le sue e, per un istante, desiderarono non abbandonarle più.
Fu un attimo infinito... un attimo meraviglioso, che rimase sospeso tra il sogno e la realtà... un attimo, un’emozione forte... poi giunse quell’alito di vento che portò con sé nuove immagini e confuse le une con le altre...
La scala era stretta e buia, le poche torce consumate attaccate alle pareti la illuminavano solo parzialmente e lasciavano comunque in ombra i consunti gradini di pietra... io, stretta nel pesante mantello nero, il cappuccio calato sugli occhi, la scendevo di corsa... i miei passi leggeri sui gradini umidi risuonavano cristallini nel buio, generando un’insolita eco.
Giunsi ai piedi della scala e mi fermai un momento, incerta sulla direzione da prendere... mi guardai intorno appena per un attimo, poi mi incamminai per il corridoio di sinistra...
Procedevo lentamente, gettando rapide occhiate spaventate nelle celle... molte erano vuote, alcune ospitavano uomini dall’aspetto poco rassicurante... alcuni di loro restavano immobili al mio passaggio, altri sollevavano appena lo sguardo, qualcuno si sporgeva dalle sbarre per cercare di afferrare il bordo del mio mantello... mi strinsi di più in me e tirai dritto...
Poi, finalmente, lo trovai... se ne stava in piedi, la schiena appoggiata contro il muro e lo sguardo perso lontano... mi fermai di fronte alla sua cella, ma lui non si voltò a guardarmi...
Mi guardai intorno per un momento e la vidi... una grossa e pesante chiave un po’ rugginosa... era appesa ad un chiodo, praticamente irraggiungibile dalle celle ma bene in vista, così che i prigionieri potessero ben vederla... un’altra condanna!
La afferrai e la infilai nella toppa, la serratura cigolò, poi scattò e la porta della cella si aprì...
E soltanto allora l’uomo si voltò verso di me.
Aveva i capelli scuri e splendidi occhi azzurri, un abito ricco che cozzava con la miseria e lo squallore di quel luogo... si voltò verso di me, sollevando la testa ed il mento, come chi non è abituato a soccombere, e mi puntò addosso uno sguardo indecifrabile...
Ed io tremai.
Per qualche istante restammo così, immobili ed in silenzio... poi io sollevai le mani e sfiorai il bordo del cappuccio, lasciandomelo scivolare indietro...
Ed allora il suo sguardo mutò, i suoi occhi si allargarono e la linea delle sue labbra si addolcì.
“Chymela...” sussurrò, superando il primo momento di sorpresa.
I miei occhi si riempirono di lacrime, ma mi sforzai di sorridere...
“Cristiano...” mormorai, per poi corrergli incontro e stringerlo forte, gettandogli le braccia al collo... un istante e subito tornai a guardarlo, prendendo il suo volto tra le mani “Andros!”
Quel nome... pronunciare quel nome mi causò una curiosa sensazione...
Sorrisi, dunque, e abbassai appena lo sguardo...
“Sei stato un pazzo!” ripresi poi a dire “Un pazzo a restare qui... a lasciare che ti arrestassero! Oh, Andros... saresti potuto essere lontano, adesso... saresti potuto essere libero! Perché...” sussurrai, avvicinando le mie labbra alle sue “Perché sei rimasto?”
Il calore dei primi raggi di sole mi sfiorò la guancia ed io aprii gli occhi.
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** Talia **
"Essere profondamente amati ci rende forti.
Amare profondamente ci rende coraggiosi."
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