Intanto, negli appartamenti reali, qualcuno si agitava nel sonno.
“Perché hai deciso di risalire il Calars?” Domandò Destesya, mentre gli accarezzava i capelli.
“Perché ero in cerca di un tesoro...” rispose lui, cullandosi stando con la testa sulle ginocchia di lei.
“E…” sussurrò lei “… dimmi… l’hai trovato poi quel tesoro?”
“Come fai?” Chiese lui fissandola.
“A fare cosa?”
“Come fai a racchiudere tutto il mondo nei tuoi occhi?”
“Chissà a quante avrai detto queste cose…” arrossendo lei e poi voltandosi a guardare il cielo.
“Se fossi un poeta, è vero…” prendendo la sua mano “… l’avrei fatto…ma sono solo un innamorato…”
“Sciocco…”
“Sono sciocco perché amo, mia bella principessa?”
“Sei sciocco e basta…”
“Uno sciocco innamorato…” fece lui.
“Smettila...”
“E’ un ordine, maestà?”
“Sei uomo da sottostare agli ordini che ti vengono dati?”
“Si, sei tu ad imporli...”
Lei non rispose nulla.
“Obbedirei ad ogni tuo ordine...” continuò lui “… a tutti tranne uno...”
“Quale?”
“Quello di non amarti più...” alzandosi lui e avvicinandosi al volto di lei “... è questo che volevi ordinarmi?”
“Vorrei…” rattristandosi lei “... a volte vorrei... vorrei non essere più principessa ed erede al trono... una follia... si, è una follia pensare a questo... ma per seguire una follia bisogna essere pazzi...”
“Io lo sono?”
“Cosa?” Fissandolo lei.
“Pazzo.” Rispose lui. “Sono abbastanza pazzo?”
“Credo di si…” accennando un leggero sorriso lei “... si, credo proprio tu lo sia…”
“Allora farò una follia...” sorridendo lui.
“Ma tu non sei principe di nessun regno...” scuotendo il capo lei, ma visibilmente divertita dalle sue parole “… tu sei libero…”
“Io non sono libero...” sospirò lui, per poi avvicinarsi ancor più a lei “… ma farò la follia… di portarti via!” E la prese in braccio, cominciando poi a volteggiare sul prato. “La senti, principessa? La senti la musica? Io si e voglio ballare!”
“Sei pazzo!” Ridendo lei. “Pazzo! Pazzo! Pazzo!”
E ballarono fino al crepuscolo.
Il sognò finì in quel ballo e lei, come ogni volta, si svegliò in lacrime.
Restò per alcuni istanti a fissare l’etereo pallore della Luna da una delle finestre.
Qualcuno bussò.
“E’ ormai buio, maestà.” Restando sulla porta l’ancella. “Dovete prepararvi, tutti attendono voi.”
“Ho…” con la voce rotta la regina “… ho dormito molto?”
“Per tutto il pomeriggio, maestà.”
“Preparate l’abito per la cena…”
L’ancella annuì.
Dopo un po’ la regina uscì dai suoi alloggi.
La sala si riempì e tutti ormai attendevano solo la regina.
Infatti, un attimo prima, era giunta anche Isolde.
Ad un tratto apparve anche Altea.
Ma la ragazza lasciò subito la sala.
E quando fu nel corridoio, si ritrovò davanti la regina accompagnata dai suoi ministri.
Aveva un volto triste ed uno sguardo cupo.
E Altea, fissandola, si accorse che gli occhi della sovrana erano rossi come quelli di chi aveva appena smesso di piangere.
In quegli occhi, la regina, aveva ancora impresso l’incanto di quel ricordo divenuto sogno.