Cittadino di Camelot
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Vayvet si sistemò meglio sulla sedia.
Con una smorfia tradì il dolore che quella ferita ancora gli procurava.
Il volto contratto,il fiato corto,il petto ansimante,questo vedeva di quell'uomo Chantal.E poi..poi c'erano i suoi occhi.
Quegli occhi che talvolta le esprimevano disprezzo,talaltre,invece,premura.
Chi era realmente?
E da cosa e chi fosse in fuga?
Chantal si domandava questo e temeva di compatirlo,temeva di nutrire pena,sapeva non essere giusto compatire gli uomini,eppure,non riusciva a comprendere quali fossero i sentimenti suscitati dentro di lei da quell'uomo e dai suoi incongruenti atteggiamenti.
Incongruenti come le sensazioni che nutriva lei,altalenanti tra la pietà e la rabbia,la misericordia e la condanna.
Condannarlo,poi,per cosa?
Condannarlo per aver strappato arbitrariamente la vita ai suoi ingannatori?Che,probabilmente,non avrebbero esitato a fare lo stesso con lui?
Oppure difenderlo,giutifiucarlo perchè aveva avuto pietà di lei impedendo che il suo complice le usasse violenza,consumando la sua innocenza per sempre.Si,per sempre.
“Siete combattuta, vero?” Domandò a Chantal. “Non sapete se sperare o meno nella mia morte. Si, posso leggere il disprezzo nei vostri occhi, ogni volta li posate su di me… se io morissi, chi terrebbe a bada i miei compagni? Questo pensate, vero? Tuttavia, la mia presenza vi provoca disgusto.."
A quelle parole rivoltele con tanta arroganza Chantal rimase impietrita,tuttavia,usare ancora silenzio a quell'uomo avrebbe significato esprimergli davvero disprezzo o rancore,e lei sapeva di non nutrirne,sapeva di non essere realmente capace di sentimenti così forti e discutibili.Sentì,allora,di doverlo fronteggiare,sentì di doversi esprimere e mettere in chiaro la sua verità.
Pertanto,si alzò lentamente da quell'angolino,suo rifugio,vicino al focolare,e mosse qualche passo verso l'uomo.
Camminò adagio,camminò con incertezza,ma giunse proprio di fronte a lui,ad un passo dalle sue gambe tenute allungate con incuranza mentre cercava,senza troppa formalità,di sostenersi sulla sedia sulla quale si era riversato,e in posizione sconcia per il troppo dolore.
Quando lo potè scrutare bene in volto arginò ogni suo sopetto,ogni malcontento e gli rispose:"Voi,milord,giudicate me ed il mio cuore incurante dei sentimenti che lo attraversano.Forse..forse..se voi foste capace di arginare il disprezzo che si riversa dai vostri occhi,potreste comprendere che non mi causate certo disgusto,monsieur."
Inspirò,poi, profondamente,e in quel frangente quel fazzoletto che le copriva le spalle scivolò sul pavimento.Chantal lo raccolse,chinandosi e abbasando lo sguardo sul candore di quel lembo di tessuto.Rimase così per qualche istante,infine lo raccolse,e si sollevò in piedi irrigidendosi e rimanendo immobile di fronte a quell'uomo,sentiva che lo stava fronteggiando e doveva reggere il suo sguardo per convincerlo di ciò che certamente non provava in quel momento,e Chantal non provava disprezzo,ma tenerezza,forse.Teneva quel fazzoletto sul palmo della mano,trabordante da esso.
Allungò il braccio verso l'uomo ferito,e lasciò che il fazzoletto di voile usato per coprirsi i capelli fluttuasse fino a giacere sulle gambe dell'uomo che egli ancora teneva allungate.E con voce ferma aggiunse:"E' bianco,lo vedete?"Indicando il fazzoletto."Eppure..eppure..sono certa che non riusciate a vederlo che nero!E,magari,riterrete di essere anche nella ragione!"
L'uomo la guardò con severità,quasi interdetto.
Esitò un momento,Chantal,prima di riprendere:"E,forse è questo il vostro errore,vedere in altri ciò che,invece,voi nutrite dentro di voi."
Poi,il ferito le domandò ancora il suo nome.
"… come vi chiamate?” Chiese alla ragazza. “Questa è l’ultima volta che ve lo chiedo…” mormorò con tono minaccioso.
A quel punto,tra i pensieri di Chantal si aprì uno squarcio.Un brivido la attraversò,gli occhi le si sgranarono e quel ricordo la percorse in ogni fibra con incoercibile forza.
Era il primo pomeriggio di un giugno assolato e caldo.
Fuori dai cancelli della sagrestia tutti i bambini attendevano impazienti l'ora della catechesi.
Tutti si intrattenevano con giochi freschi ed allegri,chi a rincorrere le farfalle nelle aiule ai bordi del sentiero,chi canticchiava i motivi corali della domenica,e chi si burlava dei suoi compagni.
Chantal,invece,se ne stava col suo libro in mano a ripetere la lezione che si portava come compito.
Un libro illustrato che la catechista le aveva donato con una graziosa ed amorevole dedica scritta solo per lei.Vi erano immagini sacre,luminosissime,in quel libro,e la bambina si perdeva in esse,ed una in particolare attraeva Chantal inverosimilmente,era la rappresentazione del Cristo attorniato dai bambini.Gesù che sorrideva loro,ed aveva le braccia aperte,come se quelle braccia planassero come ali verso le creature che gli andavano incontro.
Chantal,sotto quella luce pomeridiana,calda ed ambrata che conferiva un alone dorato alle ingiallite pagine del suo libro,sentì gli occhi affaticati,tanto che avvertì necessità di staccarli da quelle pagine che riflettevano bagliori chiarissimi,tanto da penetrarle,attraverso gli occhi,fino all'anima.
Sollevò gli occhi e,di fronte a lei,con la schiena rivolta verso il muretto,un bambino dai capelli d'oro e dagli occhi del chiarore del cielo la stava guardando attentamente.
Chantal nutrì imbarazzo,non lo conosceva,ma lui la guardava così incessantemente che le creava un senso di disagio.
Poi questi abbandonò la sua aria seria e prese a sorriderle,ma Chantal non gli sorrise di rimando,anzi,si fece più cupa in volto.Richiuse il suo libro,lo teneva in una mano e si sistemò il vestitino con l'altra per spezzare il suo imbarazzo,il vento e la corsa per raggiungere puntuale la lezione le avevano fatto slacciare il fiocco che portava al collo,Lo sistemò,prese,poi,a scuotere un po' l'ampia gonna dalla polvere e dal polline che le si era appiccicato addoso correndo per i campi che aveva attraversato per raggiungere la chiesa,ma quando sollevò la testa,quel bambino la stava ancora guardando.
Allora Chantal lo guardò a sua volta.
E questi,come incoraggiato,le domandò:"Come ti chiami?"
"Chantal!"Rispose con tono secco e deciso la ragazza.
E lui continuava a guardarla.
Allora Chantal sentì di dover ricambiare la domanda."E tu?"Chiese sempre con aria seria.
"Antoine!"Rispose questi.
I due bambini rimasero a fissarsi ininterrottamente,il sole brillava e tra le nuvole bianchissime s'era creata una deiscenza per permettere ad esso di mostrarsi radioso.
Giunse una suora ad aprire i cancelli,tutti i bambini si accalcarono ad entrare,tutit tranne Chantal ed Antoine che rimasero per un tempo lungo ad ascoltare l'eco dei nomi che si erano appena rivelati.
Quand'ecco che giunse Pierre,prese Chantal per mano e la attrasse a varcare la soglia del cancello per andare a seguire la lezione.
Chantal lo seguiva,col capo,però,rivolto a guardare quel bambino che,invece,non sarebbe andato con loro.
Ad un tratto Pierre le domandò:"Chi è?"
"Antoine"Rispose Chantal.
"Lo conoscevi di già?"
"No,l'ho conosciuto oggi!"Rispose la bambina.
Pierre si fermò di scatto,le afferrò le spelle e gliele strinse,scuotendola un poco.
"Gli hai rivelato il tuo nome?"Guardandola negli occhi con tono di rimprovero.
Chantal non rispose,allora Pierre comprese,e comprese anche d'essere stato tanto brusco da intimorirla.
Cambiò tono,allora,e prendendole le mani aggiunse:"Non farlo più.Un nome è intimo,non devi rivelarlo agli sconosciuti.!"
Chantal non apprese cosa volessero significare quelle parole,ma annuì.
Chantal ripensò a quel giorno,ed a quei momenti,e per un'ulteriore volta il figgiasco le domandava il suo nome.
Ma ella non rispose,e non rispose certo a causa di quel ricordo,non rispose perchè non avrebbe desiderato udirlo da quel ferito,perchè egli non riusciva a comprendequant'ella fosse stata sincera nell'esprimergli di non nutrire disprezzo per lui.
Ma,soprattutto,non desiderava lei stesso pronunciarlo.
Non lo desiderava perchè quel nome era una parte inviolabile di lei da indurla a custodirlo nell'antro dele sue corde vocali senza liberarlo.
E poi,e poi..non lo riteneva necessario dopo quella notte.
Allora sminuì i suoi pensieri pur consapevole di non dire il vero:"Il mio nome.Non è poi importante.E non occorre che voi lo conosciate,esso non cambierà quanto è accaduto questa notte ma,soprattutto,non cambierà voi dopo averlo appreso."
Ultima modifica di Chantal : 04-02-2012 alle ore 20.05.06.
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