Per tutto il viaggio insistetti con il dare frequenti sbirciatine fuori dalla carrozza, scostando negligentemente le cortine che dovevano proteggermi dal mondo esterno. Appena rividi la foresta e ci lasciammo alle spalle la città, il mio umore tornò sereno. Tuttavia ero ancora scossa dall'accaduto e, dopo le prime nervose occhiate al mio accompagnatore, mi decisi a rivolgergli la parola.
"Perchè?" domandai. Mi mancavano le parole appropriate... avrei voluto chiedergli perchè ero stata portata in città, perchè quegli uomini urlavano e mi avevano strattonata come un pesce nella rete, perchè mi avevano scambiata con un sacchetto pieno di luccicanti sassetti dorati.
Tamburellai con le dita sui cuscini su cui ero seduta e giocherellai con la mia reticella sfilacciata, che ormai mi copriva a malapena.
Alzai nuovamente lo sguardo verso il giovane valletto e, un po' frustrata per l'impossibilità di liberarmi di tutti quegli interrogativi, continuai: "Dove... andiamo?" Poi mi illuminai di falsa speranza. "Casa? A casa..." Sospirai.
"Perchè sono qui?" domandai cupamente più a me stessa che a lui.
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Ama, ragazza, ama follemente... e se ti dicono che è peccato, ama il tuo peccato e sarai innocente.
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