Per tutto il viaggio ero stata docile e silenziosa. Non era la paura a rendermi quieta, ma la mia indole che mi suggeriva di seguire tutti quegli eventi bizzarri, dopo che il Blu mi aveva rifiutato il suo aiuto. Intanto non potevo fare a meno di osservare con curiosità quel nuovo mondo.
La notte non era mai stata tanto oscura e le voci degli uomini tanto vivide. Le loro azioni erano sconcertanti. Dopo essere stata messa sul carro, con quelle scomode corde a trattenermi, avevo spiato quegli uomini e interpretato le loro parole. Dolore? mi domandai Cos'è il dolore?
I miei occhi si posarono sui volti aspri dei miei rapitori e percorsero ogni loro solco; ogni imperfezione e ogni singolo dettaglio provocava in me timore e ammirazione allo stesso tempo.
La porta si richiuse alle mie spalle.
I miei piedi nudi sfioravano la pietra fredda di quel luogo tetro. Perchè farmi una cosa del genere? Che cosa avevo fatto per meritarlo?
Ero rimasta immobile davanti a quella porta di legno grezzo, quasi sperando che si aprisse nuovamente, quando una delle donne presenti mi rivolse la parola.
Mi voltai verso di lei e faticai a comprendere quella lingua bizzarra. Non avevo mai parlato con nessuno. A noi non serviva parlare. Io e le mie sorelle non avevamo bisogno di parole... eravamo così trasparenti e cristalline, perfino le nostre menti erano pure e rapide come l'acqua che ci aveva create. Ma avevo sentito a lungo gli uomini parlare tra loro... marinai, madri, mogli che gridavano al vento la propria preoccupazione, bambini che strillavano sulla spiaggia e talvolta coppie di innamorati che si rincorrevano vicino agli scogli, dove il vento trascinava gli spruzzi d'acqua e ci faceva danzare in allegri mulinelli.
"Catturata..." mormorai con la voce roca. Catturare. I pesci si catturano..., pensai. I marinai li catturavano a largo, dopo aver gettato un'offerta alle acque perchè fossero benevoli. poi capii. "Sì." Mi schiarii la voce. "Oggi."
Cercai di ricordare tutto quello che sapevo sugli usi degli uomini.
"Come..." Guardai la ragazza con disappunto. Non avevo mai avuto un nome. I nomi servono agli uomini per chiamare le cose e farle proprie, per comprenderle e tentare di trattenerle in quelle parole che sono lo specchio del loro mondo. Gli uomini si chiamavano tra loro: si urlavano nomi che dovevano contenere in sè tutta l'essenza della persona a cui erano attribuiti. E noi facevamo eco alle loro grida, cantando dalla scogliera. Erano tremendamente divertenti...
Sfiorai i capelli della fanciulla con le dita. Erano di un colore chiaro e brillante, come raggi di sole che riscaldano il grano. Poi mi ricordai quello che aveva chiesto e le risposi, con voce ancora incerta, ma melodiosa. "Io... non so. Non serve un nome da dove vengo io." Sorrisi.
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Ama, ragazza, ama follemente... e se ti dicono che è peccato, ama il tuo peccato e sarai innocente.
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