Non c'era ancora luce che entrava dalle finestre e durante la notte il fuoco si era spento. Fu il gelo a svegliare Mordred, poco prima dell'alba, in una stanza sconosciuta e completamente accoccolato sul cavaliere più ben visto di Camelot. Senza vestiti. Ovviamente aveva avuto la sfortuna di tornare essere umano mentre era in una stanza altrui.
Ovviamente. (Questo gli ricordava proprio un sogno che aveva fatto-).
Con un singulto, Mordred si mise subito a sedere.
Bene. Bastava respirare- un respiro fuori e uno dentro - non era necessario entrare nel panico, almeno non prima di essere riuscito ad uscire di lì.
Delicatamente si districò dalle braccia di Galahad (l'ultima cosa che voleva era che il cavaliere morisse di sacra paura alla vista di un non molto piacevole ignudo Mordred nel proprio letto) e scendendo del letto afferrò una delle coperte per avvolgersela attorno.
Non gli capitarono tutte le sfortune perché la porta non era incatenata e non cigolò nemmeno quando uscì nel corridoio. Il pavimento gelido non era piacevole sotto i suoi piedi nudi, ma era o quello o passare altro tempo nella stanza di Galahad a rubargli vestiario.
No, l'idea migliore era la velocità e sperare che i pochi servi che si erano già alzati per accendere i fuochi non lo notassero o, almeno, non lo riconoscessero.
Corse fino alle proprie stanze che, da quando Agravaine si era sposato con la bella (e libertina) Laurel, Mordred non divideva più con nessuno.
"Sei in ritardo," esclamò la voce di Morgana. Mordred sobbalzò e chiuse la porta dietro di sé.
La zia se ne stava tranquillamente seduta sul suo letto, completamente a proprio agio nella camera del nipote. Aveva acceso un caldo fuoco e stava leggendo un libro in lingua greca che lui non riconobbe.
"Mi hai avvelenato!"
"Ma sei guarito."
Sorpreso, Mordred rimase qualche secondo a controllare la propria qualità fisica. Effettivamente non starnutiva più e non aveva più febbre. Suo malgrado dovette annuire.
"Ma in realtà l'ho fatto perché era un gattino
adorabile. Hai trovato una bella famiglia?"
"Vorrei vestirmi," sbottò Mordred, ma Morgana non capì - o non volle capire - il sottointeso perché si limitò a fare spallucce ed a continuare a guardarlo.
"Potete lasciarmi solo?"
"Oh, che ragazzi noiosi che ha cresciuto mia sorella. D'accordo, me ne vado. Fa' quello che devi fare e ci vedremo in pomeriggio per la nostra lezione."
Mordred la guardò uscire con aria imperiosa e non provò nemmeno a chiederle di non avvelenarlo mai più. Sapeva che Morgana avrebbe semplicemente fatto ciò che più desiderava.
*°*°*
L'astore si accomodò meglio sul suo spesso guanto. Era un maschio molto piccolo che da poco aveva perso il piumaggio castano della nuca.
Tenendo la mano alta, Mordred scese dal cavallo e sciolse il cappuccio dell'uccello, liberando i suoi occhi dorati. Con uno scatto del polso, lasciò che l'astore, il cui nome era Teofrasto, partisse subito al volo senza necessitare null'altro che la forza delle proprie ali.
Il primo volo fu a vuoto e Mordred dovette risalire sul proprio cavallo e correre a riprendere Teofrasto che, pigramente, si era posato su un basso ramo.
Al secondo volo l'uccello riuscì ad afferrare una piccola lepre che riportò celermente al proprio padrone, con un acuto grido.
"La mia piccola macchina da guerra," lo salutò affettuosamente, recuperando la lepre. Poteva dirsi soddisfatto perché solitamente Teofrasto faticava a prendere animali più grandi di un corvo non essendo nemmeno lui tanto massiccio.
"Non sono un esperto, ma posso ammirare una buona caccia. In Bretagna non è necessaria l'arte della falconeria per essere cavalieri."
L'improvvisa voce di Galahad fu una sorpresa nel silenzio dell'alba e Teofrasto notò l'agitazione del proprio addestratore perché sobbalzo e riprese il velo.
Imprecando, Mordred gli corse dietro sentendo gli zoccoli del cavallo di Galahad dietro di sé. Il vento contro il volto aiutò molto nel diminuire il rossore che si era diffuso. L'imbarazzo non era solo dovuto al fatto che si era reso ridicolo lasciandosi scappare il proprio astore come un novellino, ma soprattutto per il fatto che quella era la prima volta che lo rivedeva dopo l'intera esperienza della trasformazione in gatto, due giorni prima.
Fermò il cavallo quando Teofrasto decise di riposarsi su un basso ramo accanto al torrente. Scendendo riuscì facilmente a recuperarlo e subito rimise il piccolo cappuccio di cuoio, annodando i lacci con esegarata fretta.
"Mi dispiace averlo spaventato."
Galahad era di nuovo dietro di lui e questa volta Mordred non aveva scuse per continuare ad evitarlo.
"Ricordatevelo la prossima volta," sbottò, particolarmente conscio dell'avere addosso degli abiti orrendi. Dalle Orcadi aveva portato per sé le tuniche che sua madre aveva cucito personalmente, con tanto di pesanti mantelli, per camuffare la gobba sulla sua schiena, ma quella mattina aveva semplicemente indossato una delle tuniche che Morgana gli aveva regalato (probabilmente rubandola a qualcun altro) e che mostravano la sua schiena in tutte le sue deliziose qualità.
"Come si chiama?" domandò Galahad, riprendendosi dalla cortesia dell'altro cavaliere.
"Teofrasto."
Gli occhi ridicolmente azzurri di Galahad parvero allargarsi ancora di più. "Come il botanico? Il botanico greco, giusto?" esclamò, con un esagerato entusiasmo.
"Ha studiato anche le rocce, ma sì, principalmente le piante."
"E' questo che studiate con vostra zia?"
"No," ammise Mordred. Morgana, così come Morgause, non avevano mai approvato i pomeriggi spesi a raccogliere fiori e bruchi. "Come fate a sapere che studio con mia zia?"
"Vi ho notati un pomeriggio, tra i libri di sir Kay."
L'idea che sir Galahad potesse sedersi ad un tavolo ed osservare lui lo fece improvvisamente sentire a disagio. "Voi avete dei falchi?" domandò, per cambiare argomento.
"No. Ma avevo un gatto."
Di male in peggio.
"I gatti sono fastidiosi."
"Non questo," sorrise Galahad, "anche se non era proprio mio. Ma pareva che si trovasse bene nelle mie stanze."
"Non ci si può fidare dei gatti."
"Forse un giorno tornerà."
Mordred strattonò le redini del proprio cavallo, con irritazione. Non gli capitava spesso che qualcuno si fermasse a parlare con lui (anche se statisticamente parlando era più probabile che Galahad decidesse di chiacchierare con lui piuttosto che qualche altro anonimo cavaliere) capitava ancora di meno che qualcuno parlasse di lui.
"Devo riportare Teofrasto assieme agli altri." E prima che Galahad potesse anche solo proporre di tornare assieme a lui, Mordred salì a cavallo e ripartì verso Camelot.
*°*°*
Che cosa sto facendo?
Dentro di sé aveva la risposta. Stava leggendo una vecchia pergamena che aveva miracolosamente salvato dalle punitive pulizie di Morgana.
E stava osservando Galahad.
Dalla finestra di Morgana, Mordred riusciva a vedere il piccolo cortile interno in cui i cavalieri si addestravano. La Fata Morgana aveva esplicitamente chiesto quella stanza proprio perché, e queste erano le sue testuali parole, "Non c'era niente di meglio che spiare qualche cavaliere sudato dopo una dura giornata di lavoro". Ed ancora Mordred non aveva la minima idea di quale fosse l'ufficioso, o ufficiale, lavoro della zia.
Dunque, sì, stava spiando Galahad mentre questi si allenava e rideva con Bors e Perceval. Dovevano essere imparentati, in qualche modo, forse cugini, ma tenere conto di tutti i parenti di Lancillotto era quasi più difficile del conteggiare quelli di Artù.
Perceval parò un colpo di Bors particolarmente meschino e subito dopo lanciò la propria spada a terra e si lanciò sul cugino Galahad, atterrandolo.
"Ho sconfitto il grande Galahad!" rise Perceval mentre lo sconfitto, altrettanto divertito, tentava di scrollarselo di dosso.
Si comportavano come dei ragazzini. E se ne accorse anche sir Bors perché il cavaliere si limitò a scuotere il capo ed ad aiutarli ad alzarsi.
E Galahad lo abbracciò.
Lo stava abbracciando.
Sir Galahad era sempre gentile. E toccava sempre tutti. Stringeva le mani con i propri cugini, baciava le mani delle dame, abbracciava i compagni d'arme, metteva bracci attorno a spalle sconosciute- toccava tutti tranne lui.
Quando Mordred arrivava Galahad si manteneva sempre a rispettosa e cortese distanza.
"Lo odio."
"Di chi stiamo parlando?" domandò la voce di Morgana che sicuramente aveva tra le abilità nel proprio curriculum anche la capacità di arrivare continuamente alle spalle delle persone senza essere notata.
"Sir Galahad."
"Perché odiarlo? Non era lui ad averti nutrito quando eri un gatto?"
"Non dovreste parlare di cose del genere come se fossero normali!"
"Oh, caro, è normale che tu ti senta attratto da lui, dopotutto è un bell'uomo e-"
"No!" sputacchiò Mordred, arrossendo. "Intendevo che non dovreste parlare dell'essere trasformati in animali come se fosse qualcosa di normale. Ed io non sono attratto da lui."
Le perfette sopracciglia nere di Morgana balzarono in alto di almeno due pollici ciascuna.
"Ed anche se, e sottolineo se, questo fosse il caso- bhè, mi avete visto."
"Oh no, ti prego, chiamami quando hai finito con la filastrocca del oh, quanto sono brutto! oh, non riesco a guardare la mia immagine riflessa, oh, la mia gobba e, oh, gli occhi troppo grandi!" con un sospiro drammatico ed un finto svenimento, Morgana si lasciò cadere su una delle ricche poltrone che adornavano la stanza.
A volte Mordred la odiava ferocemente. "Non ho gli occhi troppo grandi vero?"
"Ed anche se fosse? Sei il figlio del re. Un bastardo, certo, ma chiunque andrebbe a letto con il figlio del re. Basta evitare le candele e le torce e, puf, sei come tutti gli altri al buio."
Quello era proprio ciò di cui aveva bisogno per la propria autostima.
No, Morgana non capiva.
"Voglio solo che Galahad mi tratti come tutti gli altri:" Che non eviti di toccarmi come se avessi la peste. "Zia Morgana, dovete trasformarmi."
"Come prego?" domandò la donna, scoppiando a ridere.
"Non di nuovo in un gatto, ma- non lo so, in qualcosa di migliore."
"Se dovessi trasformarti in qualcosa di migliore sarei costretta a trasformarti in una tartina al limone. O in una donna." Ebbe un lampo di gioia illuminata. "O in un delfino!"
Mordred non aveva davvero pensato a ciò che stava chiedendo, ma voleva semplicemente che Galahad lo toccasse e lo vedesse non come quella creatura deforme che era ora, ma come qualcosa di bello e di desiderabile. Non che lui fosse attratto da Galahad. No. Assolutamente no.
Anche se, trasformato in donna, avrebbe avuto più possibilità di conquistare Galahad perché a tutti i cavalieri (a parte sir Bors, a quanto pareva) piacevano le donne.
Non che lui volesse davvero conquistarlo.
Morgana aveva un laboratorio segreto. Se Mordred non fosse stato così emozionato probabilmente si sarebbe messo a ridere.
Non aveva la più pallida idea di come si arrivasse al suddetto laboratorio, perché Morgana l'aveva costretto a bendarsi, ma almeno sapeva che esisteva e che quindi Morgana aveva davvero la possibilità di esaudire quel suo unico desiderio.
Il laboratorio non aveva aperture all'esterno e tutta la luce proveniva da tue torce fumose e da un piccolo camino. Alle banali mura di pietra c'erano scaffali in legno elegante e su ogni mensola vi era un'enorme quantità di boccette di terracotta ed erbe essiccate. C'era anche quello che sembrava un occhio umano, ma Mordred preferì non indagare.
"Eccola qui," esclamò la zia, prendendo una scatolina di legno ed aprendola. Al suo interno vi erano delle striscioline scure che, almeno alla vista, apparivano come dura carne essiccata.
"Masticala tutta," lo istruì Morgana, prendendo una delle striscioline e passandogliela. "Nel giro di un'ora sarai la cosa più bella di Camelot."
Mordred mise la cosa in bocca, arricciando il naso al gusto aspro di limone che quasi gliela fecero sputare. Ma resistere.
Perché era ciò che voleva, giusto?
Sì, lo era.
Mordred non percepì il momento in cui la trasformazione accadde. Capitò improvvisamente e con una totale assenza di fumo o farfalline colorate, grave mancanza, almeno secondo lui, in un incantesimo.
Un attimo prima sentiva lo schienale della poltrona di Morgana sulla propria gobba e qualche secondo dopo poteva tranquillamente accoccolarsi sul mobilio senza dover preoccuparsi del fastidio o del dolore.
Avere la schiena completamente dritta (e non essere un gatto) era un'esperienza del tutto nuova e decise che meritava di essere esplorata in solitudine per qualche secondo.
Si alzò in piedi e si mise davanti all'ampio specchio di Morgana mentre la zia trafficava nell'anticamera con una spaventata damigella che le aveva mandato delle tartine disgustose.
I vestiti da cavaliere pensavano dalle sue spalle, ampi come una coperta. Si toccò il petto e sentì il piccolo seno meravigliato dal fatto che fosse morbido, ma indolore. Appoggiò le mani sui propri fianchi che non avevano più gli scomodi spigoli di una volta.
Sì, si sentiva a disagio, si sentiva più basso e non era sicuro che il seno lo soddisfacesse a pieno, ma almeno poteva guardarsi allo specchio.
Aveva un viso diverso che Morgana si era premurata di dargli per impedire che qualcuno lo riconoscesse. Le labbra erano ora piene e rosse ed il naso era tornato diritto.
Ora aveva davvero gli occhi troppo grandi.
"Soddisfatto?" domandò Morgana, apparsa dal nulla come suo solito (o semplicemente entrata molto silenziosamente).
"Credo di sì." Sentire la propria nuova ed acuto voce lo fecero sobbalzare.
"Bene, Morrigan, mia giovane apprendista in visita a Camelot, direi che è ora che tu vada a provare il tuo nuovo corpo. Prendi un mio vestito e buttati nella mischia, giovane damigella."
Fu con fin troppa soddisfazione che Morgana sprecò ben un'ora della trasformazione di Mordred a cercare l'abito migliore che potesse abbinarsi alla sua nuova capigliatura rossiccia.
*°*°*
Mordred sospirò. Inspirò ed espirò di nuovo.
Aveva già incontrato sir Kay e sir Bors e nessuno dei due lo aveva riconosciuto. Come da programma, si era presentato come Morrigan, damigella che era venuto a passare qualche giorno assieme a Morgana per poi dover tornare di nuovo ad Avalon.
Aveva anche incrociato sir Agravaine che aveva flirtato con lui, con grande orrore di Mordred.
Inspirò ed espirò.
Galahad stava osservando i falchi. Come si addiceva ad un sovrano del calibro di re Artù, Camelot aveva una due falconerie distinte, una per i falchi pellegrini e gli astori del re e della regina, ed una leggermente più grande in cui si trovava anche Teofrasto.
Mordred passava parecchio tempo con Teofrasto e gli altri falchi, tanto che c'era addirittura un falco pellegrino che aveva imparato a conoscerlo e che Mordred segretamente chiamava Aristotele (il vero nome che gli era stato dato era troppo banale: si chiamava semplicemente Falco).
"Sir Galahad?"
Galahad si voltò verso di lui e Mordred non notò segni di riconoscimento nei suoi occhi.
"Milady?" domandò il cavaliere, aggrottando leggermente le quasi invisibili sopracciglia bionde. "Ci conosciamo?"
"No, assolutamente no," rispose subito Mordred poiché quella domanda, Ci conosciamo? era sembrata più veritiera di una semplice formula di cortesia. "Ma forse mi avete vista nel castello. Sono un'apprendista di Morgana ad Avalon, il mio nome è Morrigan."
"E' un piacere conoscervi." Galahad gli prese la mano e la baciò.
Quello - quello era ciò che Mordred aveva sempre voluto, si rese conto. Essere come gli altri, essere toccato come Galahad toccava gli altri, avere quel sorriso che Galahad riservava agli altri e non aveva mai fatto con lui.
Si sentì arrossire, ma non se ne preoccupò. Era sicuro che la maggior parte delle dame arrossiva quando Galahad baciava loro la mano.
"Vi intendete di falchi e astori?" domandò Mordred.
"Non io," rispose l'altro senza aggiungere ulteriori spiegazioni e il figlio di Artù si sentì irritato e preso in giro. Non era così che sarebbe dovuta andare. Si ricordò però di essere una dama e decise di fare ciò che le dame facevano tutti i giorni.
"Potete riaccompagnarmi al castello?"
Anche se con riluttanza, mascherata da un brillante sorriso, Galahad annuì e porse il braccio al cavaliere trasformato in dama. Il tocco del braccio del francese era caldo e piacevole e Mordred si chiese se suo fratello Gaheris non avesse ragione, se lui non fosse davvero affamato di contatto umano.
Che cosa stupida.
Galahad chiacchierò del tempo, della nobiltà di sir Bors e della bellezza dei tramonti. Non era la conversazione più entusiasmante che Mordred avesse avuto con Galahad, ma almeno il cavaliere non si teneva più a distanza ed era quello che aveva voluto, aveva ottenuto ciò che voleva.
"Temo che ora mio padre necessiti la mia presenza. Vi rivedrò al banchetto di domani sera?"
Mordred sentì il proprio viso illuminarsi. Galahad non gli aveva mai chiesto nulla di simile e lui non aveva mai pensato prima di volere che lui lo facesse.
Con entusiasmo, annuì.
Forse sua zia Morgana non aveva tutti i torti.
*°*°*
"Mi serve dell'altra pozione."
Morgana non parve particolarmente impressionata dalla richiesta del nipote e si limitò a bofonchiare un secco "no".
"Perché no? Ne ho bisogno. Ho promesso che Galahad avrebbe visto Morrigan questa sera."
"Allora diremo a tutti che Morrigan si è fatta mangiare da uno dei coccodrilli del castello."
"Che cosa sono i coccobirilli?"
Morgana sbuffò (povera donna, vivere in un simile mondo di ignoranza). "Dei draghi. Molto brutti. Che lavorano a maglia nel tempo libero e mangiano le damigelle. E ti darò davvero in pasto a loro se non mi lasci assaporare le mie fragole in santa pace."
Ma il nipote aveva una missione, uno scopo, ed aveva molta più resistenza di chiunque altro nella sua famiglia. Con difficoltà, si inchinò davanti alla propria zia.
"Sarà l'ultima volta."
"L'ultima volta? E quando rivedrai Galahad nei corridoi e lui tornerà ad evitarti che cosa farai? Quando passerai davanti ad un pozzo e rivedrai la tua gobba che cosa farai?"
"Ve lo prometto, zia, l'ultima volta," si sforzò Mordred, sapendo che la strega aveva ragione. Era stato bello vivere come qualcun altro. Non solo perché per una volta aveva potuto avere un corpo perfetto, ma anche perché non era stato Mordred. Non era stato obbligato dalla propria deformata anima a rispondere sgarbatamente ad ogni domanda, non aveva dovuto tenere gli occhi fissi davanti a sé mentre passava nel cortile per evitare di vedere quelli degli altri fissi su di lui.
"D'accordo, ma in cambio dovrai smetterla di lamentarti."
Con estrema, ma soddisfatta, fatica, Mordred si rialzò e si pulì brevemente le vesti.
"Sarà l'ultima, dico davvero. Distruggerò le altre, se necessario," sbottò Morgana e gli ordinò di chiudere gli occhi. Per precauzione lo bendò e poi lo spinse fuori dalla sua stanza. Nell'anticamera vi era una damigella, Mordred sentì il suo sospiro di sorpresa, ma la fanciulla non disse nulla, chiaramente abituata ai bizzarri modi della sua dama.
Qualche minuto dopo Morgana tornò a prenderlo e gli mise in mano una di quelle striscioline magiche e stoppose.
"Prendila prima della festa, seduci il tuo cavaliere e, santo cielo, portatelo a letto così finalmente mi lascerai in pace."
Mordred non voleva- d'accordo, forse voleva tutto quello e forse come Morrigan poteva farlo. Aveva persino la benedizione della zia quindi non aveva più problemi davanti a sé. Tranne per il fatto che il castello intero parlasse di come Galahad fosse puro e casto quanto dama Lyonesse e che si sarebbe concesso solo ad una fanciulla veramente speciale.
Pareva quasi una sfida.
Con la barretta magica nella bisaccia, Mordred rubò un meraviglioso abito rosso dall'armadio della zia, nascondendolo in una bisaccia, e corse dal proprio astore. L'aveva fin troppo trascurato in questi giorni, meditò, passando dalle cucine a prendere qualche pollo anche per gli altri falchi.
Si trovava nella falconeria quando, poiché la fortuna o forse la sfortuna era dalla sua parte, incontrò Galahad.
"Mordred," esclamò il francese e quasi gli corse incontro. Mordred dovette abbassare gli occhi e controllare di non essere un gatto o una fanciulla perché non era mai capitato prima d'ora che qualcuno lo salutasse con tanto entusiasmo. (D'accordo, avrebbe dovuto capire di essere ed apparire ancora come se stesso quando Galahad l'aveva effettivamente chiamato per nome, ma era stato troppo sconvolto per farlo). "Ieri eravate scomparso."
L'innocenza sul volto di Galahad lo fecero quasi scoppiare a ridere.
"Avevo delle cose da fare. Altre cose."
"Sono contento che non abbiate abbandonato Teofrasto ai paggi. Non penso lo nutrano come lui vorrebbe."
"Certo che no," si ritrovò a sorridere Mordred. "E' viziato."
Parlare con Galahad fu più semplice quel giorno. Il cavaliere francese si teneva ancora ad una rispettosa distanza, ma almeno Mordred lo aveva avuto accanto a sé per poche ore e lo avrebbe avuto di nuovo quella sera stessa. Cosa gli importava che Galahad non lo volesse con quel corpo?
Forse se in futuro avesse supplicato di nuovo Morgana avrebbe potuto avere dell'altra pozione.
La voce di Galahad interruppe nuovamente i suoi pensieri e ciò che gli disse fu così bizzarro che Mordred, per un momento, lasciò perdere i colli di pollo con cui stava nutrendo Teofrasto. L'astore non si diede pace fino a che non riuscì a recuperarli ed a ingoiarli, ignorando il proprio padrone.
"Sir Bors sostiene che dalla carne lasciata sola nascono le mosche. Questo è vero perché ho notato anch'io che accade, eppure è come se qualcosa mancasse. Ho visto uccelli nascere dalle uova di altri uccelli, alberi dai semi e cani dal altri cani, ma mai un cane nascere da un qualcosa che non fosse un altro cane." Il volto di Galahad era completamente arrossato ed il cavaliere respirava pesantemente come dopo una corsa, come se fosse esploso improvvisamente con quell'accozzaglia di parole per poi pentirsi della propria audacia.
"Sicuramente avete ragione," ammise Mordred, legando nuovamente Teofrasto e recuperando il sacco della carne. "Cani femmine danno i cani, uccelli femmine daranno gli uccelli ed immagino che alberi femmine diano altri alberi. Avete mai notato che il fiore che diventa frutto ha sempre quella piccola parte allungata ed ingrossata che invece non c'è mai nei fiori che non diventano frutto? Questo non significa necessariamente che quella parte caratterizzi un fiore femminile perché ho visto anche fiori con essa che non sono divenuti dei frutti, ma mai il contrario."
Gli occhi di Galahad brillavano così tanto che il principe bastardo si dimenticò della propria eredità, dei suoi scopi e del proprio aspetto. Tutto quello che voleva era ciò che aveva e stava ottenendo. "Dovremmo chiudere della carne in una scatola e controllare che le mosche, ed immagino siano mosche femmine, non ci arrivino-"
"-così da dimostrare che dalla carne non nascono le mosche, ma che le mosche nascono solo da altre mosche," completò Galahad, annuendo. "E credi che potremmo provare a vedere se riusciamo a mescolare gli elementi come proposto da Aristotele?"
"Leggete Aristotele?"
Galahad sorrise, imbarazzato e forse con una punta di speranza. "Sì, qualcuno mi parlò di Aristotele molti anni fa."
"La prima cosa che mia madre mi regalò fu un trattato sugli animali di Aristotele," replicò Mordred e d'improvviso si bloccò ed il sorriso svanì dalle sue labbra.
Che cosa stava facendo? Non erano così che dovevano andare le cose. Perché stava parlando con Galahad (Galahad che era educato e gentile, ma ancora distante) quando poteva essere Morrigan ed avere da Galahad ciò che voleva? Certo, Galahad non aveva parlato con Morrigan di Aristotele o Teofrasto, ma solo perché non sapeva che la dama ne era appassionata esattamente quanto Mordred.
Gli bastava semplicemente divenire Morrigan e mostrare all'altro cavaliere che, se avesse voluto, avrebbe potuto avere tutto ciò che voleva da lui: un bel corpo ed una mente affine con cui parlare.
Quando il francese aprì bocca, con quell'innocente e imbarazzato entusiasmo che l'aveva caratterizzato poco prima, Mordred si affrettò a scusarsi e correre verso il castello.
Aveva una pozione da prendere ed un vestito da indossare.