Il procuratore fissò Chantal.
I suoi occhi piccoli e chiari sembravano interrogarsi su quella ragazza.
Poi un ghigno animò quel suo volto scarno.
“I vostri capelli?” Ripeté quasi divertito. “E per cosa? Farli valere come riscatto? O forse come pegno? Beh, madamoiselle, sappiate che la giustizia non si paga in questo modo. Non riscatterete così i crimini di vostro zio.” Si appoggiò al suo scrittoio. “Venite qui a parlare di Dio e di Cristianità. Tutte cose che il lume della ragione ha sconfitto, dimostrandone la falsità. Venite qui, con orgoglio e superbia, atteggiandovi quasi come una martire. Beh, non lo siete. Nessun Cristiano è un martire. Vi siete ingrassati per secoli sulle miserie della povera gente. Ed ora quella giustizia che tanto avete invocato è giunta. Ma non ad opera di un dio. No, ma ad opera degli uomini, che destatisi dall’ignoranza e dalla superstizione, nelle quali la vostra Chiesa li aveva gettati, ora si destano e reclamano una giusta sentenza. Una sentenza che ora sta a me emettere.” La fissò con disprezzo. “Vostro zio è colpevole… colpevole come tutto il Clero… ed io, come un sommo Minosse, decreterò la sua pena… una pena degna delle sue colpe…”
