Talia aveva appena invocato la Luna come solo Ariana seppe fare dai giardini del palazzo di Cnosso.
Fissava il buio e forse attendeva il suo Teseo.
Ad un tratto un’ombra.
Osservò la Luna e seguì il suo alone fino al balcone di Colombina.
Il suo volto appariva ancor più bello, inondato com’era da quel pallore d’argento.
Erano soli.
Lui e lei.
Lei fissava la Luna e lui fissava lei.
Entrambi pregavano la bellezza di quelle loro visioni.
“Colombina…” sussurrò lui “… dov’era celato il filtro, dimmi? Il filtro che mi ha reso folle d’amore per te… come quello di Tristano…” sospirò “… ma che stolto! A me non occorre un filtro per amarti. Tu non sei Isotta, perché lei non aveva mani abbastanza bianche e trecce abbastanza bionde… tu non sei nemmeno Euridice, perché gli inferi non sono abbastanza vasti per nasconderti a me… tu non sei Arianna perché non mi occorre un filo per giungere a te ogni notte… non sei Rossane perché io, a differenza di Alessandro di Macedonia, non baratterei un impero per te… no, tu sei tutte loro… e nell’amarti mi rendi, ogni volta, come uno di quei grandi che amarono quelle donne!” Si avvicinò al balcone, attento che il pallore lunare non illuminasse il suo volto, mentre tra il pubblico era sceso un religioso silenzio. “Colombina…” sospirò “… il tuo nome nel mio sospiro… potessi racchiudere anche il tuo cuore in questo mio pugno! Io ti amo da sempre… ogni mia impresa, ogni mia avventura, tutto me stesso è indirizzato a te… mostrami il tuo volto da quel balcone e muterai questa notte nel giorno più luminoso… calami i tuoi capelli ed io saprò intrecciarli nel più bel racconto mai scritto… oh, Colombina… amore mio… vita mia… mio mondo… mio tutto!”
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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