Guisgard accennò un sorriso.
“Allora stasera, sebbene voi sogniate il misterioso e romantico Giglio Verde, avrò l’onore io di farvi da cavaliere.” Disse, porgendo la mano a Melisendra.
I due allora visitarono le ampie sale al pian terreno e la meravigliosa Parrocchia Ducale dedicata alla Divina Misericordia, adibita a cappella di palazzo.
Raggiunsero poi l’ampia terrazza che dominava sul panorama della collina.
Uno sciame di luci lontane sui fianchi della collina descriveva la forma del villaggio vicino, simile ad un vecchio addormentato.
La Luna illuminava quella sera col suo pallido alone, generando un chiaroscuro molto suggestivo nel bosco sottostante, dal quale, per questo magico effetto, sembravano formarsi ed animarsi strane ed irrequiete figure.
“Sono dunque bastati quei versi” disse Guisgard alla ragazza “per sciogliere il vostro disappunto, milady?” Sorrise. “Beh, allora venderò ogni bene, sempre se mio zio me ne lascerà, e diventerò poeta.” Accarezzò alcune rose che ornavano la terrazza. “Dite, vi va di salvare questi fiori, milady? Vedete, sin da piccolo ho la passione per i fiori, ma mio zio ha sempre visto questa cosa come una perdita di tempo, poco incline agli interessi di un futuro duca. E così ho sempre dovuto affidare la cura di questi miei fiori ai vari giardinieri che si sono susseguiti nel palazzo… ecco…” cogliendo alcune rose di vari colori “… ne faccio dono a voi… oh, non saranno il vostro fiore preferito, il Giglio Verde, ma un po’ mi ricordano voi… bellissime, dai petali delicati, ma protette da spine…” la fissò con la sua solita indefinita espressione ed accennò un sorriso.