Il soldato sorrise a quelle parole di Melisendra.
“Non temete, milady, siete fra amici…” disse “… ora vi prego di scendere da questo carro.”
I prigionieri furono così fatti scendere.
Accanto al maleodorante carro che li aveva tratti in salvo dalla capitale, c’era ora uno una carrozza più degna del loro rango.
“A chi dobbiamo questa nostra insperata salvezza?” Chiese Giselle al capitano.
“Al buon Dio, milady.” Rispose il capitano. “Egli veglia su tutti noi, sempre.”
I soldati, chiaramente inglesi, erano abbigliati con le uniformi della Guardia Repubblicana di Magnus ed avevano tutti il volto coperto da un elmo con visiera.
“Chi siete, signori?” Domandò ancora Giselle. “Forse degli Angeli?”
“Gli Angeli, purtroppo, non sono di questo mondo.” Sorridendo il capitano. “Ora perdonatemi, ma dobbiamo affrettarci.”
Tutta la scena avveniva sotto gli occhi del conducente del carro che aveva condotto tutti loro in quella radura.
Questi era ben accorto a nascondere il suo visto sotto il cappuccio e dietro la folta barba nera, ogni volta che uno dei prigionieri appena liberati si voltava verso di lui.
“Questa nuova carrozza vi condurrà a Calais, miei signori.” Continuò il capitano. “Lì vi attende un battello che vi porterà in Inghilterra. E lì comincerà per voi una nuova vita.”
Melisdendra, Giselle, il vescovo e l’atro nobile furono così fatti salire sulla seconda carrozza che partì alla volta di Calais.
“Tutto è andato bene, capo.” Disse il capitano voltandosi verso l’uomo col cappuccio. “Se non hai altri ordini, allora farò preparare il tutto per il nostro ritorno in patria. La nostra nave salperà tra tre ore per Dover.”
L’uomo col cappuccio annuì e restò a fissare il carro che svaniva nella boscaglia lontana, sul quale, ormai quasi in salvo, si trovavano Melisendra e gli altri appena liberati.
