Discussione: Il Giglio Verde
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Vecchio 29-08-2011, 03.55.23   #1
Guisgard
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Battle Il Giglio Verde

PROLOGO

“Anno del Signore 1471, il Principato di Animos, nella bassa Normandia, dopo una terribile crisi economica che ha costretto il principe Talquois IV a convocare dopo secoli gli Stati Generali, viene scosso e insanguinato da una violenta rivoluzione che porterà il popolo al potere, mettendo in fuga ciò che resta della nobiltà scampata al furore popolare.
Animos allora si proclama indipendente, autonominandosi Repubblica di Magnus, in onore della leggendaria repubblica che rese grande il nome dell’antica Roma ben prima dell’avvento degli imperatori.
La rivoluzione è guidata da due fazioni: i Pomerini e i Ginestrini.
I primi, così chiamati per aver percorso alla vigilia della rivolta il pomerio delle mura della capitale più volte incitando il popolo a ribellarsi, sono formati dalle corporazioni dei mercanti e degli artigiani del principato e nelle loro idee politiche vi è il sogno di una grande repubblica aristocratica, dove il potere viene gestito dalla nobiltà affiancata dai rappresentanti del popolo.
I secondi, che prendono il nome dal luogo in cui si sono riuniti per la prima volta, il Palazzo della Ginestra, sono invece costituiti dagli studenti universitari animati dalle nuove tendenze letterarie e filosofiche sviluppatesi nel principato, dove la Ragione è la dominatrice assoluta dell’intera esistenza umana.
Essi proclamano una repubblica liberale, sotto il diretto ed esclusivo potere del popolo e vedono come nemici giurati la nobiltà ed il Clero, rei, ai loro occhi, di aver abusato del proprio potere e del proprio ruolo, portando il paese sull’orlo della rovina.
Una nuova alba sorge dunque sulla neonata Repubblica di Magnus, mentre tutti gli altri regni, retti dall’Antico Regime, guardano con sospetto e timore al furore di questi venti rivoluzionari.”




IL GIGLIO VERDE

La giornata era radiosa ed il cielo di un azzurro vivissimo.
Il grande cortile del palazzo era inondato dall’aurea luce solare, che rendeva luminosissime e splendenti le levigate statue di marmo che adornavano quel monumentale complesso.
La guardia reale si esibiva in parata e buona parte del popolo gremiva le mura esterne del palazzo per assistere a quel cavalleresco corteo.
Gli stendardi del re e i vessilli dell’aristocrazia erano portati in rassegna e le cromate armature dei soldati, animate dagli intensi bagliori causati dal Sole, con variopinti pennacchi piumati che sembravano vibrare in un trionfante saluto, li rendevano agli occhi della folla esultante come tanti Angeli discesi per difendere il reame dai suoi nemici.
Squilli di trombe e rulli di tamburi scandivano l’incedere di quei magnifici campioni di cavalleria e nobiltà, acclamati, invocati ed osannati dal popolo accorso alla parata.
Nell’interno del palazzo, però, quasi a volersi estraniare dal clamore e dall’esaltazione che regnavano tra la gente, una nobile figura, dal portamento austero e dall’immagine che sembrava ricordare il solido granito di cui era fatta quella sua aristocratica dimora, era intenta a terminare una lettera.
“Lord Tudor…” esordì un valletto entrando nella stanza “… la marchesa Ymma De Tour Jazzy è appena giunta.”
“Bene, la riceverò subito.” Rispose il nobile signore, mentre ripiegava con cura la missiva appena terminata.
“Monsieur, vi ringrazio di questa udienza.” Disse la giovane e bellissima marchesa entrando nella stanza.
“L’onore è mio nel ricevervi, milady.” Andandole incontro lord Tudor. “Vi porgo il benvenuto sul suolo di Gran Bretagna. Disponete pure di questo palazzo e di tutta la servitù raccolta in esso.” Baciandole la mano e mostrando un cortese inchino. “Spero che il viaggio non sia stato troppo difficoltoso.”
“La gioia di essere qui” rispose la donna “mi ha già fatto dimenticare le difficoltà che abbiamo dovuto sopportare nella traversata da Calais a Dover, monsieur.”
“Il peggio è passato, mia signora.” Sorridendo l'arcigno aristocratico. “Qui per voi e per vostro marito comincerà una nuova vita.”
“Monsieur, non possiamo ambire ad una vita serena se chi amiamo è avvolto da un incerto destino.”
“Comprendo, mia signora, ma…”
“Perdonatemi, ma il sapere che mio zio è ancora in Francia, alla mercè di quella gente io…”
“Milady, il regno di Camelot è felice di accogliervi e darvi ospitalità e protezione, ma di più non possiamo fare.” Con tono grave il nobiluomo. “Per vostro zio, il cardinale De Toulos, possiamo fare ben poco, se non pregare ed attendere.”
“Com’è possibile che in quel paese si possano consumare tante barbarie contro uomini e donne in nome della libertà e della giustizia?”
“Milady, uno stato è sovrano nei propri confini e né il re di Camelot, né nessun altro monarca d’Europa potrebbe intervenire senza andare incontro al serio rischio di una guerra con la Repubblica di Magnus.”
“Mi chiedete dunque di restare qui, senza far nulla, mentre mio zio attende il giorno della sua esecuzione?”
Lord Tudor chinò il capo senza rispondere nulla.
“Forse coloro che ci hanno condotto in Inghilterra…”
“Milady.” La interruppe lui. “Chiunque sia stato ha agito in modo del tutto indipendente.”
“Volete dire che né la nobiltà, né sua maestà hanno a che fare con la nostra fuga da Animos?” Chiese d’istinto la donna. “Perdonate, ma per me il mio paese si chiamerà sempre col nome che ha portato per tutti questi secoli.”
“Vi comprendo, milady. “ Annuì lord Tudor. “No, nessuno qui in Inghilterra è al corrente degli eventi che vi hanno condotto qui.”
“Qualcuno dice che si tratta di una setta, o forse di una congrega.” Con enfasi la donna. “Forse è una sorta di ordine religioso inviato da Roma per salvare i chierici dal patibolo a cui li hanno condannati i rivoluzionari. Ho sentito dire che celano la loro identità dietro un fiore e…”
“Milady, vi prego.” Cercò di rasserenarla l’aristocratico. “In tempi funesti e confusi come questi spesso accade che nascano leggende e miti volti a spiegare in modo fiabesco eventi altrimenti sconosciuti. Probabilmente voi e vostro marito siete stati tratti in salvo e poi condotti qui da un gruppo di profughi o da qualche aristocratico in fuga, come voi, da Magnus. Ora cercate di tranquillizzarvi. Qui godrete di asilo politico e nessuno potrà più nuocervi. Quanto a vostro zio…” sospirò “… non possiamo fare altro che pregare ed attendere…”
La donna, in lacrime, accennò un inchino e salutato il nobile uomo che le stava davanti uscì dalla stanza, lasciando lord Tudor immerso in una profonda inquietudine.




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