Mi accinsi a prendere dell'acqua per farlo bere. Con la punta delle dita scostai cautamente i lembi della tunica lacerata e osservai le ferite.
Non c'era molto che potessi fare.
"State calmo, presto passerà tutto..." gli rinfrescai il viso con le mani fresche d'acqua e riflettei su quante possibilità avessi di guarirlo.
Glielo dovevo. Ma mi sentivo debole.
Mi avvicinai a lui. Liberai la mente e sfiorai appena le sue labbra, concentrandomi sul mio e sul suo respiro.
Lentamente sentii le forze scivolare via, in una pallida imitazione di ciò che probabilmente provavano le mie vittime. Sentii la sua energia scorrere con tenacia sotto la pelle.
Quando mi staccai da lui ero debole e provata. Tossii, mentre il respiro tornava regolare. Non riuscii ad alzarmi, tanto mi girava la testa, quindi mi sedetti lì, vicino a lui. Scostai un lembo della sua tunica e con una spugna lavai via il sangue: sotto, la pelle era compatta e priva di ferite.
Appoggiai la testa contro la fredda roccia e aspettai che quella sensazione di debolezza passasse.
"Quando verranno a prenderci dovrete essere estremamente collaborativo e docile, altrimenti non usciremo mai di qua... e la spada cadrà nelle mani del Cavaliere del Gufo."
La voce mi tremava, così come le mani, mentre armeggiavo con la sua tunica per annodargliela saldamente addosso. Non potevo permettere che l'incanto mostrasse la sua vera identità.
Poi lasciai ricadere le braccia e rimasi appoggiata al muro, a occhi socchiusi, respirando lentamente e facendomi forza. Non era tempo per sentirsi debole.
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Ama, ragazza, ama follemente... e se ti dicono che è peccato, ama il tuo peccato e sarai innocente.
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