Cavaliere della Tavola Rotonda
Registrazione: 04-06-2008
Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
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Le parole di Talia.
La ragazza parlava di Icarius, dei suoi occhi chiari, del suo volto, delle sue parole, dei suoi atteggiamenti.
“Basta!” Disse improvvisamente Layla, quasi a volerla zittire.
Poi sospirò.
“Scusami, Yelia…” sussurrò, mentre con le mani si massaggiava il capo “… scusami, ti prego… non volevo… ma mi sei tanto cara, più della mia stessa vita e non voglio vederti soffrire… io conosco il suo sangue e so di quanto male sono capaci gli uomini che lo hanno nelle vene… Yelia, sei solo una delle tante per lui, non capisci? Io…”
Ma, quelle grida che provenivano dal cortile interruppero le sue parole.
Layla, seguita da Talia, allora corse sulla grande terrazza, che dominava l’intero cortile.
Nel cortile era giunto un cavaliere a cavallo, di robusta corporatura, bardato di tutto punto ed armato fino ai denti.
Avanzava sicuro di sé, ma tradiva modi tutt’altro che nobili e raffinati.
Era seguito da un nugolo di seguaci, divisi tra paggi e scudieri, che ridevano e motteggiavano liberamente.
Il cavaliere e i suoi giunsero fin davanti al palazzo e di nuovo lui lanciò la sua sfida:
“Sono qui per vincere la Dolorosa Costumanza!”
“Perché bramate cimentarvi in tale prova, cavaliere?” Chiese Layla dalla terrazza.
“Perché, come tutti sanno, è l’unico modo per avere la vostra mano, milady!”
“Dite il giusto.” Annuì Layla. “Solo chi sarà mio campione in quella prova e ne uscirà poi vincitore, potrà chiedere la mia mano.”
“Milady, sono abbastanza esperto sia in fatto d’armi, sia in fatto di donne!” Esclamò il cavaliere, mentre la masnada che lo seguiva cominciò a ridere forte a quelle parole. “Dunque ritenetevi felice che tale campione sia giunto qui oggi!”
“Lucrezio, credi che il nostro padrone abbai abbastanza forte per intimorire possibili rivali” disse uno dei suoi ad un altro del gruppo “e nello stesso tempo sciogliere il gelido sguardo di quella dama?”
“E chi può dirlo, Ippolito!” Rispose l’altro. “Rinunciai a comprendere le donne ben prima di realizzare che il lavoro ed io non eravamo fatti per stare insieme!”
E tutti risero.
“Orsù, milady!” Impaziente il cavaliere. “Quando inizierà questa prova?”
“Padrone, voi vincerete la bella padrona di casa, ma noi?” Domandò uno dei suoi.
“Voi vi gioverete degli agi di questo luogo, amici miei.” Rispose il cavaliere.
“Visto, Ortensio?” Intervenne Ippolito! Almeno sappiamo che non ci butterà fuori di casa!”
“No, almeno fino a quando non sarà la sua futura moglie a farlo, insieme a lui, quando scoprirà che non riesce a tenere a freno la sua spada!” Esclamò Lucrezio.
“Spada? Intendi in fatto d’armi, o in quelli d’amore, mio licenzioso amico?”
“Ma l’ha detto lui, poco fa! Entrambi, amico mio!” Rispose Ippolito.
E tutti loro scoppiarono in grasse risate.
“Tra un motteggio ed una risata, messere, troverete il modo di farci conoscere il vostro nome, come vogliono le più elementari regole della cortesia?” Domandò visibilmente infastidita Layla.
“Eh, padrone, stavolta ne avete trovata una dura almeno quanto la vostra corazza!” Esclamò divertito Ippolito.
“Tu ben sai, loquace sempliciotto, che più scalciano e più mi piacciono!” Rispose lesto il cavaliere. “Sono sir Echemback, il cavaliere senza paura, milady. Per servirvi!” Rivolgendosi poi a Layla.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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