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			Passai sotto lo sguardo severamente indulgente del Cristo Redentore e disperai per mantenere il controllo. 
Fuori di lì mi sentii al sicuro, ma presto sarei dovuto tornarci. 
A stento raggiunsi casa. Mi chiusi dentro, cercando di tenere chiuse tutte le imposte. Appoggiai Gavron su un letto e iniziai ad armeggiare con dei vecchi stracci e qualche corda. 
Avvolisi il corpo del mendicante in un macabro involto e uscii nel retro a scavare una buca. Dovevo farlo sparire. 
Ero sfinita. Mi doleva ogni parte del corpo. 
Avevo scavato accanto a una catasta di legno da ardere. 
Quando la buca fu sufficientemente grande, trascinai l'involto contenente il cadavere per tutto l'orto e lo gettai dentro. Avevo le mani piene di fiacche. 
Con un ultimo sforzo evocai gli spiriti e soffiarono a tal punto che la catasta crollò sul lato, andando a coprire la terra smossa. Nessuno avrebbe sprecato tempo a togliere di lì tutta quella legna e scavare. 
Ma ora dovevo pensare a Gavron. Era debole e io non avevo abbastanza forze. Dove portarlo? Temevo di essere stata seguita. 
Dovevo tornare là... chissà cos'era successo a Guisgard. Chissà cosa sarebbe potuto succedere. 
Preparai una zuppa e cercai di far mangiare Gavron, che se ne stava sospeso in un preoccupante dormiveglia. Non sarei riuscita a portarlo molto lontano. 
Me lo legai sulla schiena con una grande sacca da mercato e mi coprii con un grande mantello nero, trovato in un baule, che forse apparteneva a sua madre. Mi incamminai per strada, incappucciata e ben nascosta. Sembravo una vecchia donna con la schiena ricurva. Sperai che nessuno mi stesse seguendo. 
Non c'era molta scelta. Bussai alla porta della casa di piacere e insistetti finché non mi aprirono. La strada era vuota. Il sole non era ancora tramontato, ma iniziava a scendere verso occidente, troppo presto perché quelle donne ricevessero i primi clienti.
		 
		
		
		
		
		
		
			
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				Ama, ragazza, ama follemente... e se ti dicono che è peccato, ama il tuo peccato e sarai innocente.
			 
		
		
		
		
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