Discussione: La Gioia dei Taddei
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Vecchio 27-05-2011, 05.26.03   #975
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Quel bacio li unì con il suo incanto, capace, per un momento, di scacciare ogni paura e disperazione.
Tutto pareva volerli dividere e disperdere in quella notte.
Quel bacio invece sembrava resistere a tutto ciò.
Come la stella che guida i marinai nei mari sconosciuti, o come il vento che rischiara l’aria e disperde le nubi.
“Ehi…” disse lui con la voce racchiusa in un sospiro “… per un bacio così, sfiderei chiunque… anche Ade in persona…”
La fissò negli occhi senza dire altro per alcuni istanti che sembrarono infiniti.
“Hai degli occhi bellissimi, sai…” le sussurrò “… e dentro ci vedo tutto il mondo, con tutti i luoghi e le meraviglie che racchiude… e ci vedo il nostro futuro… dove saremo insieme…”
Le sorrise stringendola a sé.
“Andiamo, Talia…” disse.
Uscirono così dalla chiesa, ritrovandosi di nuovo nel bel mezzo del borgo vecchio deserto e desolato.
Seguirono allora la stradina che conduceva fuori dal centro abitato e che poco dopo si mutò in una stretto sentiero.
Attraversarono così il bosco avvolto da un silenzio quasi innaturale.
Poi la brughiera.
Un’informe distesa di erbose lande frastagliate da picchi rocciosi che sembravano sbucare dalle viscere della terra per racchiudere e rapire quel mondo in un incanto primordiale, tetro e spettrale.
Icarius esitò per un istante, quasi fermandosi, per poi sporgersi in avanti e tentare di dare una forma ed un senso a ciò che gli era apparso in lontananza.
Ad un centinaio di passi da loro, infatti, videro innalzarsi due piccoli dossi scoscesi, tra i quali prendeva forma da cipressi e rovi una sorta di altare naturale di silice nerissimo e levigato.
Inquieta, funerea, lugubre, si innalzava con la sua indefinita forma una costruzione simile ad una prigione.
Una prigione in cui una feroce e delirante belva era stata rinchiusa chissà da quanto tempo.
Ma quel luogo, che appariva ora come monito a tutto ciò che di sacro e bello esisteva al mondo e attorno al quale regnava un mistico terrore, non era né una prigione, né alcun altro luogo sconsacrato.
Era una chiesa, una pieve, che da trecento anni riempiva Capomazda di lugubri e sanguinari racconti di un peccato antico ed implacabile.
E quella pieve apparve ad Icarius e Talia come una visione nata da un incubo.
Ed il solo vederla fece sorgere nei due sposi una delirante e profonda paura.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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