Quando il sonno mi vinse ero ancora talmente piena di vita e inebriata di forze, passione e tutto ciò che mi dava nutrimento che i miei poteri rimasero vigili.
Prima di scivolare tra le braccia dei sogni, avvinta al corpo del mio amato, rimirai la sua schiena illuminata solo dal chiarore delle candele ormai morenti.
Mi addormentai.
Un vortice mi rapì, mentre il sonno si era ormai impossessato di me. Capii chi mi stava chiamando.
Stavo camminando in un prato e riuscivo a percepire la rugiada inumidirmi i piedi e il bordo della veste. Intorno a me si agitavano bolle trasparenti, come quelle del sapone e i fiori sbocciavano da ogni dove. Cavallini correvano spensierati e io seguii il richiamo fino in cima a una collina, dove troneggiava un albero frondoso e gigantesco, il cui tronco contorto si avvitava su se stesso, quasi a descrivere la chiocciola di una scala.
Lui era seduto in cima. Come un principe.
I fiori che sbocciarono, quasi a indicarmi il cammino, cessarono di mostrare nuove corolle. Mi fermai.
Quando mi vide mi corse incontro.
Caddi in ginocchio e lo abbracciai. "Uriel..." sussurrai.
Mi guardava con quei suoi occhi profondi ed enigmatici, troppo profondi per un bambino così giovane. La sua consapevolezza, l'abilità con cui aveva creato il sogno e mi aveva evocata era sorprendente. Lo sfiorai quasi con timore.
Bastò un tocco, lieve sul suo viso e mi si gettò in grembo. Lo strinsi forte.
Mugugnò qualcosa, col volto premuto contro il mio petto. Continuai a cullarlo.
"Sono qui... sono qui, amore mio... verrò ogni volta che mi chiamerai." Lo rassicurai. "Non mi dimentico del mio tesoro..."
Mi guardò di nuovo con quegli occhi grandi e saggi. Gli spettinai la zazzera, ridendo e lo riabbracciai.
"Devi dormire, Uriel... devi dormire... non è tempo di giochi..." gli sussurrai, baciandogli le guance.
In tutta risposta si voltò ubbidiente, dopo avermi stretto un'ultima volta, e corse via, fino a quando il turbine non lo portò di nuovo nei suoi sogni ristoratori.
Rimasta sola decisi di muovermi.
L'atmosfera idilliaca creata dalla fantasia di Uriel si trasformò in un rassicurante prato sotto il cielo stellato. Mi sedetti presso l'albero e attesi.
Il turbine che avevo evocato, quel vortice impetuoso, avrebbe presto portato a me la persona che stavo cercando.
Arrivò e abbandonò al mio cospetto il visitatore.
Feci un cenno con la mano e si avvicinò.
"Capitano Monteguard... sono Melisendra, vi ricordate di me?" Sorrisi benevola e gli andai incontro. "Non ho molto tempo... ascoltatemi! Giungerà a Capomazda una donna, una guerriera, con il corpo del vostro nemico Lord Nyclos, l'amato fratello di Lord Cimarow... è una spia. Dovete guardarvi da lei. Ricordatevi: quella donna è una spia. E' uno dei migliori cavalieri al servizio di Cimarow. Seguitela, trovate le prove della sua collaborazione col nemico e arrestatela, probabilmente scoprirete che ci sono altri traditori tra voi." Lo guardai negli occhi e cercai di capire se mi avesse compreso. "Siate cauto, Capitano."
Mi diressi nuovamente verso l'albero e mi voltai appena verso di lui.
"Ricordate." Il vortice ubbidì al mio cenno e lo ricondusse via.
Quello scenario fantastico svanì lentamente e io potei sprofondare in un lungo sonno.
Mi svegliai e mi rigirai pigramente nel letto.
Avevo percepito un bacio nel dormiveglia. Allungai la mano e sentii il materasso ancora caldo del corpo di Gouf. Doveva essersene andato da poco. Scivolai fuori dalle coperte e spalancai le tende.
La luce del giorno brillò e mi abbagliò quasi piacevolmente.
Era un bel modo di svegliarsi. Ero felice.
Mi dissi che non stavo facendo nessun doppio gioco. Con un po' di fortuna sarei riuscita a evitare quella stupida guerra. Con un po' di fortuna e un po' di astuzia.
Iniziava la caccia e la preda sarebbe stata Lord Cimarow. Una caccia silenziosa.
Chiamai Freia e mi feci preparare un bagno nelle mie stanze.
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Ama, ragazza, ama follemente... e se ti dicono che è peccato, ama il tuo peccato e sarai innocente.
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