Cavaliere della Tavola Rotonda
Registrazione: 04-06-2008
Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
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Un irreale ed angosciante silenzio era sceso sulla brughiera.
Anche il vento si era fermato ed il grigiore del cielo, reso ancora più cupo con l’imbrunire, sembrava portare con sé funesti presagi.
Le torce sulle mura sembravano animate da agitata insofferenza, mentre le sentinelle che le impugnavano scrutavano in maniera ossessiva l’angosciante scenario che si apriva inquieto davanti a loro.
La cittadella di Corsus, racchiusa dalle sua antiche mura risalenti alla lontana occupazione latina, continuava a difendersi strenuamente ormai da settimane contro le milizie di Cimarow.
Corsus si trovava dove cominciava a sorgere la misteriosa brughiera, confinante dunque con i territori governati da Cimarow e troppo lontana da quelli sotto il controllo dei Taddei.
La fedeltà agli Arciduchi e la consapevolezza della malvagità del tiranno traditore, aveva spinto i suoi abitanti a questa drammatica ed infaticabile resistenza.
Ma quella sera appariva diversa.
Silenziosa, angosciante, inquietante, come attraversata da oscuri presagi di morte, pareva che in essa avessero deciso di ritrovarsi i lamenti e le maledizioni delle anime dannate.
Ad un tratto, quell’insopportabile silenzio svanì.
Un sordo boato lontano, appena percepibile, cominciò ad annunziarsi.
Prima lento ed irregolare, poi sempre più frequente e meccanicamente costante.
“Lo sentite? Si, si sente!” Disse qualcuno.
“Cosa sarà?” Domandò spaventato qualcuno dalle mura.
“Forse è l’esercito di Capomazda che viene a salvarci!” Gridarono alcuni dalle mura.
“Forse a quest’ora Capomazda non ha neanche più un duca!” Ammonirono rassegnati altri.
“Lo sento… è sempre più vicino…” urlava qualcun altro dalla torre “… è l’eco della primordiale battaglia tra gli Angeli buoni e quelli ribelli… segno che la nostra ora è ormai giunta…”
Tutti allora si affacciarono dalle mura e dalle torri, per scrutare l’implacabile brughiera già avvolta da un irreale crepuscolo, il cui avvento era stato anticipato dal cielo grigio.
Quegli sguardi, di centinaia, di migliaia di persone, persi lungo quel selvaggio orizzonte, ad un tratto videro una scena apocalittica.
Una mostruosa macchina da guerra, coperta da un lungo e massiccio tetto spiovente, trainata dalla forza di decine di schiavi flagellati a sangue, si muoveva verso la porta di Cursus.
La testa di quell’orrore era fatta di pietra e ferro e nella foschia della brughiera cominciava, man mano che si avvicinava, a mostrare il suo spaventoso volto.
Un infernale ariete da battaglia, sospinto dalla disperazione di quegli schiavi frustati con sadica determinazione, si muoveva contro le mura della cittadella.
Dalle mura allora, gli instancabili assediati, cominciarono a vomitare su quell’orrore una pioggia di dardi incandescenti, di olio bollente, pietre e qualsiasi altra cosa potesse in qualche modo ostacolare l’avanzata di quella macchina distruttiva.
Ma la robustezza del tetto proteggeva coloro che animavano quel mostro.
E se anche qualcuno cadeva, tutti gli altri schiavi, tormentati dai loro aguzzini, spingevano con ancora più forza, forse nell’utopia che presto quel supplizio sarebbe per loro terminato con la presa della sfortunata cittadella.
Alla fine, sotto i colpi di quell’ariete, la porta di Cursus si frantumò, permettendo alle armate di Cimarow di penetrare finalmente nella cittadella.
Allora grida, gemiti, maledizioni ed invocazioni di disperato aiuto si levarono nella brughiera, mentre alte colonne di fuoco e fumo salirono in breve verso il cielo.
Un Cielo che a quel punto, sopra a quell’immane tragedia, lasciò cadere la sua ira.
Una fitta pioggia giunse sui lamenti e suoi tormenti di Cursus, facendo scivolare il sangue dei suoi abitanti tra il fango ed il pietrisco delle sue strade.
Alla fine, dopo stupri, saccheggi, torture e massacri, la popolazione conobbe il suo atroce destino: tutti i maschi adulti furono sterminati, mentre donne e bambini vennero venduti come schiavi.
In quel momento un brivido attraverso il cuore di Melisendra e l’incantatrice avvertì, per un indefinito istante, mille voci che gridavano fino a spegnersi in un agghiacciante silenzio.
Strane e confuse immagini allora si accavallarono davanti ai suoi occhi.
Immagini di dolore e morte.
Melisendra comprese allora che qualcosa era accaduto.
Qualcosa di terribile ed inumano.
Qualcosa, la cui colpa, sarebbe caduta su tutti loro.
Poi la mano della vecchia servitrice lasciò il polso di Melidsendra.
“Ecco cosa occupa l’interesse di quei maledetti…” disse la vecchia, fissandola con occhi enigmatici.
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