L’uomo osservò Talia e chinò il capo.
“Volete un consiglio? Tornate a Sygma…” disse “… qui c’è solo tristezza e solitudine…”
“Abitiamo il borgo vecchio…” intervenne la vecchia “… questo è mio figlio, milady… non adiratevi, è un brav’uomo… ma andate via da qui… tornate al palazzo…”
“Quanto si può amare un uomo davvero?
Forse Enide è la risposta. Su questo ci spero!
Ella superò ogni ostacolo per l’amato consorte,
fino a vincere l’incanto della Gioia della Corte!”
Recitò un menestrello col suo liuto.
“Di cosa avete paura?” Chiese.
“Vieni davvero da molto lontano se ignori ciò che accade qui, menestrello.” Rispose l’uomo.
“Ho udito che non vi è felicità a Capomazda, nel palazzo ducale…” replicò il menestrello “… dunque non c’è nulla che questo posto possa portarsi via…”
Si avvicinò alla porta della Pieve, ma questa era serrata da una catena robusta.
Guardò l’uomo e questi, con una pala, la spezzò, aprendo la porta.
La Pieve era in tutto e per tutto simile a quella vista in sogno da Talia.
Anche le armature erano presenti, arrugginite e consumate dal tempo.
Le nicchie presentavano statue di santi, ciascuno con un’iscrizione.
La maggior parte erano consumate o si riferivano a versetti dei Vangeli.
Tutte tranne una.
L’iscrizione della statua di Santa Lucia recitava:
“Cerca nelle angosce della Santa ciò che ti tormenta
XIII, 3”