Gouf sorrise alle parole di Melisendra.
“Ho sempre ammirato il tuo coraggio…” disse alla ragazza mentre erano ormai in cammino, seguiti dagli altri cavalieri “… al mondo non vi è virtù più rara del coraggio e tu, nonostante sia una donna, ne hai sempre avuto… mi sono sempre chiesto se quella luce che attraversa i tuoi bellissimi occhi chiari” aggiunse “si fosse oscurata almeno davanti alla morte…” di nuovo quel suo indecifrabile sorriso, come se l’esaltazione e la pena si rincorressero costantemente nel suo cuore “… io e te siamo creature oscure, figlie della notte e forse dei grandi drammi che animano questa immensa tragedia che è il mondo…”
La sua corazza, che molti credevano davvero incantata, rifletteva l’argenteo bagliore del cielo grigio che sterminato ricopriva ogni cosa nella brughiera.
“Baldus!” Chiamò all’improvviso. “Recitami qualcosa…”
Il cavaliere avanzò dai ranghi e dopo un inchino verso il suo signore cominciò a recitare:
"Se qualcuno lo narasse, io all'istante crederei,
che è questo il grande dramma dei nobili Taddei.
Che sia un Angelo o forse un demonio è cosa ignota!
Egli agisce per giustizia, sia essa luminosa o remota!
Che scenda dai Cieli Alti, o emerga dall’Inferno dannato,
verrà a reclamar un verdetto, che Iddio Ha pronunciato!”
Baldus, finito di parlare, salutò con un inchino il suo signore e ritornò tra gli altri cavalieri.
Poco dopo, giunti su un’altura, videro in basso un piccolo villaggio.
“In queste terre” mormorò Gouf “sono tutti profondamente religiosi… se lo fossi anche io sarebbe per me una gioia morire appena un giorno dopo il mio Dio.”
Era infatti il Sabato Santo, che precedeva la Santa Pasqua