Il duca scese dalla carrozza e subito il popolo in festa lo salutò.
Molti gridavano per la felicità, qualcuno piangeva per la commozione, altri pregavano.
“Milord, toccate il mio bambino!” Disse una donna dalla folla.
“Milord, salvateci! La guerra ci sta affamando!” Gridò un’altra voce.
“Dio sia lodato!” Esclamavano in molti.
“Piccolo mio, guardalo!” Si udì nella confusione. “Guarda il tuo signore!”
Le guardie facevano fatica a tenere dietro quella massa di persone, felici per aver rivisto il loro signore, ma nello stesso tempo impaurite per la sorte della loro terra.
Al passaggio di Icarius, che si avvicinava all’ingresso del palazzo, tutti si inchinavano.
Il duca, vagamente intimidito e palesemente imbarazzato, dispensava sorrisi a destra e a manca.
“Dio sia lodato!” Esclamò Ravus andandogli incontro. “Le mie preghiere e quelle di tutto il popolo sono state esaudite! Il Primo Arcangelo del Signore non ha voltato il suo sguardo benigno dall’altra parte!”
“Grazie, mio buon chierico.” Ringraziò Icarius. “Dio vi benedica, chiunque voi siate.”
Ravus ammutolì e fissò Izar, che scosse il capo e fece cenno al chierico che gli avrebbe spiegato ogni cosa più tardi.
“Milord, ringrazio il Cielo per questo vostro ritorno.” Avanzando Monteguard.
Icarius, che finalmente stava cominciando a comprendere la gravità di quella sua amnesia, rispose solamente annuendo alle parole del capitano.
Izar fece segno di affrettare il passo e giunsero finalmente davanti al palazzo.
E qui, sulla porta, stava ad attenderlo Talia.
“Chi è quella ragazza?” Domandò a bassa voce Icarius a Izar.
“E’ lady Talia, vostra moglie.”
“Ho… ho una moglie!” Esclamò Icarius, mentre si avvicinavano all’ingresso del palazzo.