Vi "leggo" questa vecchia (antica, nel mio caso) composizione.
La dedico per solidarietà (e con tante scuse e complimenti) a Nerissa, perché prima o poi QUASI tutti si ritrovano a vivere una situazione del genere. Ma passa, mia giovane amica, passa... e la poesia aiuta a superare (elaborare, dicono) la delusione (purtroppo senza restituire il tempo perduto)!
[Da Molto Tempo Non Mi Chiamavi "Amore"]
A cosa penso?
Alla tua mano,
falsa,
di tepore e d'insicurezza,
che come lacrima fatta carezza,
dal ciglio del volto,
è scivolata sul mio petto,
soffermandosi sul cuore
per accertare un suo interesse!
E penso
che a me, come specchio,
era già noto il tuo bell'aspetto,
ma dal conoscerti, ahimè,
ero lontano... certamente!
E perché mai,
dico io,
dovrei rampicarmi s'una montagna
per invecchiar velocemente;
più di te,
che affondi nei tuoi fanghi
sulla riva di questo mare
che trasformi tu in petrolio,
sperperando poi quei tuoi profitti
nei tuoi vani ed erotici affitti.
E poi penso
(chissà perché poi ci penso?)
che certe stelle
mi lascian sempre senza fiato;
a me, che, poeta improvvisato,
ho creato un mondo tutto mio
dove cercare altra bellezza:
rifugio
che abbandono con tristezza,
mentre risale fredda e nera
(come marea)
quella sensazione d'impotenza
e la forte nausea che l'accompagna,
sempre.
E per finire,
sai a cosa penso?
che da molto tempo non mi chiamavi "amore"
ed è troppo tardi ormai.
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Se a ciascun l'interno affanno si leggesse in fronte scritto, quanti mai, che invidia fanno, ci farebbero pietà! (Metastasio) 
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