Il palazzo era avvolto nel buio della notte, solo a tratti interrotto dal pallido ed etereo alone della Luna.
Le grandi vetrate riflettevano quel mistico ed ancestrale pallore, che illuminando a sciami il corridoio, lasciava però nelle tenebre i ritratti degli Arciduchi e delle loro amate.
Talia camminava verso la sua camera.
Si muoveva quasi come un fantasma nell’incerto buio che la circondava.
Fino a quando cominciò ad udire quel pianto.
Una voce, dolce ed affettuosa cercava di coprirlo ed accompagnarlo.
“Non piangere, piccolo mio…” diceva la donna al suo bambino, avvolta nel suo candido abito da sposa “… non piangere…”
Guardò allora fuori dalla vetrata e rimase a fissare la Luna.
“Vogliono strapparmi il mio bambino…” mormorò senza voltarsi verso Talia “… dicono che non esiste, che è frutto della mia malattia… ma io non sono pazza… anche un uomo che non ti ama può darti un figlio…”
Si voltò poi di colpo verso la ragazza di Sygma.
“Perché vogliono portarmelo via? Perché?”
Aveva gli occhi quasi consumati dal pianto ed una cupa disperazione attraversava il suo bellissimo volto.
Parlava nella stessa lingua che Talia conosceva. La lingua di Sygma.
Poi aggiunse:
“Amare e morire… ignorare e vivere... sono i due volti della stessa cosa… la morte…”
Sorrise lievemente, per poi tornare a cullare il suo bambino.
Fino a svanire nel buio del corridoio.
Talia si destò di colpo da quel sogno.
Nel cortile c’erano dei rumori.
Icarius ed i suoi si apprestavano a partire per la loro battuta di caccia.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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