Llamrei era giunta a Capomazda.
L'aveva accolta una campagna soleggiata, anche se velata da lieve foschia.
Ed attraverso quella foschia ogni cosa sembrava apparire sbiadita, stanca, sfiorita.
La bellezza del ducato, da sempre terra di miti e favole, si mostrava come appassita, spenta.
Come se qualche lontana ed antica angoscia si celasse tra il verde della sua campagna e la monumentale austerità del suo secolare palazzo.
L’uomo indicò alla monaca l’accesso al palazzo per giungere nella Cappella della Santa Vergine.
L’ingresso era aperto per consentire al popolo di pregare ai piedi della Madre del Signore.
L’edificio presentava una lunga navata, con due navatelle laterali, dalla quale slanciate semicolonne salivano fino a sostenere la volta a cassettoni.
Ovunque vi erano mosaici ed icone, raffiguranti la Vergine col Bambino, gli Arcangeli ed i Santi.
La statua della Vergine era posta ai piedi dell’altare, dal quale dominava un superbo mosaico col Cristo Benedicente.
All’altro lato dell’altare vi era la statua di San Michele nell’atto di trafiggere l’angelo ribelle.
Ed avvicinatasi alla statua della Madonna, Llamrei notò una vecchia donna intenta a pregare.
Stringeva in mano un rosario e la sua voce era rotta, di tanto in tanto, da sospiri e lacrime.
“Madre di Dio e degli uomini…” pregava “… non guardare le nostre colpe, ma la nostra Fede… benedici sua signoria ed illuminalo… che possa sfuggire a quella terribile maledizione.”
Ed a queste ultime parole, la vecchia, si segnò tre volte.