Sei uomini, magri ma muscolosi, con il corpo completamente ricoperto da tatuaggi, portavano Talia verso uno stretto cunicolo.
Da qui giunsero in una sorta di piccola anticamera, illuminata solo da poche candele.
La ragazza era debole e la ferita era ancora sanguinante e questo le fece perdere presto conoscenza.
Si risvegliò in una strana sala.
Grossi ceri ardevano liberando nell’aria strani profumi di essenze sconosciute e la loro luce, proiettandosi sulle pareti, faceva quasi danzare le misteriose immagini dipinte sulla nuda roccia.
In lontananza si udivano strane litanie e lamenti simili a canti di una qualche sacralità.
Talia, nel riprendere conoscenza, si accorse di non avere più i suoi vecchi abiti, ma di indossare un lungo velo bianco e vermiglio, stretto in vita da una larga fascia nera.
Ad un tratto una porta laterale si aprì ed una figura entrò nella stanza.
“Milady…” disse Guxio con un enigmatico ghigno sul volto “… finalmente siete sveglia…”
Riempì allora due calici, porgendone poi uno a Talia.
“Brindiamo, milady…” aggiunse “… brindiamo ad una nuova epoca per Cartignone! Un’epoca di splendore e grandezza!”